“Il piacere nel lavoro aggiunge perfezione al compito che svolgiamo”: la consapevolezza di Aristotele circa l'importanza di coinvolgimento e passione per lo svolgimento ottimale del proprio lavoro non sente il peso degli anni, ma sta anzi conoscendo un periodo di rinnovato splendore nella cultura e nelle strategie aziendali dei manager illuminati della contemporaneità.
Assimilate – o quasi – le teorie relative all’importanza della centralità del cliente, delle sue aspettative e del suo coinvolgimento, questi ultimi iniziano ora a volgere il proprio sguardo e la propria attenzione all’interno delle aziende, alla qualità delle relazioni che strutturano i team operativi e all’Employee Engagement. Dopotutto, “i primi clienti di un’azienda sono i suoi dipendenti”: è giunto allora il momento di mettere le persone al centro e coinvolgerle nello sviluppo della cultura lavorativa e del business aziendali.
Human Centered Organization: dai dipendenti alle persone
Tornare startup almeno nello spirito e nella voglia di condividere valori e obiettivi aziendali, diffondendo una nuova concezione del lavoro come dimensione in cui ciascuno può dare il proprio contributo e trovare un ambiente favorevole all’autorealizzazione: indipendentemente dal tipo di struttura, storia, sviluppo e settore, la parola chiave per le strategie aziendali oggi è una sola, engagement.
Dal momento che poter contare su persone coinvolte, responsabili e motivate si sta dimostrando un fattore concreto di business e non solo una moda passeggera, stiamo assistendo alla fioritura di teorie e pratiche per la creazione di coesione interna e per il consolidamento del senso di appartenenza a un’organizzazione.
Una delle chiavi di lettura che permettono di comprendere il vero e proprio boom di attenzione riservata all’Employee Engagement – “tema caldo” per il 70% delle aziende – è il suo ruolo strategico nella cosiddetta “guerra per i talenti”: consapevoli del maggior potere contrattuale che competenze e talento riservano loro, i candidati non si accontentano più di trovare un impiego, ma si aspettano di essere interamente coinvolti nella vita e nelle attività dell’azienda che si propone di accoglierli, e con la quale aspirano a condividere valori e obiettivi.
Il 65% dei Millennials, inoltre, ritiene sia compito della direzione fornire opportunità di sviluppo, crescita e coinvolgimento per incentivarli a rimanere in azienda. Il terreno dell’Employee Engagement è tuttavia vasto e complesso: manager e direttori HR non possono affidarsi al caso se vogliono raggiungere l’obiettivo di attirare etrattenere i talenti migliori.
Il valore della partecipazione: un po’ di teoria
Engagement, benessere individuale, strategia aziendale: come già accennato il successo di quest’ultima è fortemente influenzato dai primi due, al punto che ostinarsi a ignorarli può rivelarsi estremamente dannoso sia in termini di employer branding sia in termini di qualità dei servizi offerti ai clienti finali.
Come ampiamente documentato da neuroscienze cognitive e neuroeconomia, i fattori psicologici ed emotivi svolgono un ruolo di primo piano all’interno dei processi decisionali e di problem solving: i fattori motivanti attivi a livello psicologico – come il riconoscimento e l’autorealizzazione – hanno il potere di aumentare la soddisfazione e di stimolare la crescita e il commitment individuale, e non possono quindi più essere esclusi dai contesti professionali, economici e sociali,.
Ecco allora che l’Employee Engagement diventa un fatto concreto di business, leva motivazionale ma anche possibile stile manageriale, capace di scardinare una volta per tutte il modello “carota-bastone” ancora molto diffuso nelle organizzazioni.
Peraltro – come rilevato da una recente ricerca svolta da Asterys in collaborazione con ResearchNow – il top management di numerose aziende in Italia, Europa e USA ritiene che l’azienda ideale del futuro si caratterizzerà proprio per la responsabilizzazione, la collaborazione e il coinvolgimento di tutte le persone attive al suo interno.
Il 75% dei manager intervistati crede che nell’azienda del futuro ci sarà una solida collaborazione tra gruppi di lavoro; il 57% ritiene che i team avranno maggiore autonomia nella definizione delle proprie strategie e dei propri obiettivi; il 61%, infine, prevede che in futuro le organizzazioni saranno attente ai bisogni di tutti gli stakeholder chiave – quindi non solo clienti, azionisti, fornitori, ma anche dipendenti.
Altre ricerche condotte da Aon, Gallup Analytics e Deloitte Consulting riportano invece dati meno incoraggianti: il 26% dei dipendenti si considera “attivamente disimpegnato”, solo il 13% si definisce “attivamente coinvolto” e la percentuale di chi consiglierebbe la propria azienda come luogo di lavoro si ferma a quota 54%.
L’Employee Engagement in pratica
Non resta allora che iniziare ad impegnarsi attivamente affinché la Human Centered Organization ampiamente teorizzata possa essere tradotta in realtà: gli ambienti lavorativi e le relazioni che li strutturano vanno ripensati, così come i processi di recruiting dei giovani talenti.
A livello di cambiamenti organizzativi, si stanno diffondendo modelli come Holacracy ed AEquacy – che puntano a superare le classiche strutture gerarchiche verso strutture agili, capaci di promuovere coinvolgimento e responsabilità diffusa – o pratiche come il generation mash up – ovvero la creazione di team multilivello e trasversali per funzioni, in grado di generare una commistione armonica di esperienze, competenze e punti di vista che sia fecondo per il raggiungimento degli obiettivi.
Per ingaggiare i propri dipendenti le aziende devono inoltre garantire trasparenza a tutti i livelli, in aggiunta alla capacità di fornire real time feedback sulle attività e all’attenzione costante affinché tutti siano consapevoli del valore e del significato delle mansioni svolte per la crescita del brand nel suo complesso. Anche lo smart working gioca un ruolo fondamentale: avere la possibilità di lavorare dal luogo che si preferisce porta ottimi risultati in termini di employee satisfaction oltre che di concentrazione e produttività, e si tratta di una modalità di lavoro che un numero crescente di collaboratori ormai considera imprescindibile, e che concorre quindi a determinare le scelte in termini di fedeltà o meno all’azienda in cui operano.
Per quanto riguarda la conquista dei talenti 4.0, invece, le aziende devono dimostrare, in fase di colloquio, di poter offrire un’esperienza di lavoro gratificante, di essere pronte a condividere periodicamente la propria linea strategica con tutti i collaboratori, di garantire smart working e formazione permanente.
Non bisogna trascurare poi le attività ad hoc progettate specificamente per il team building e per l’engagement. Tra adventure travel, escape room, open space technology, design thinking, brainstorming digitale, urban game e giochi narrativi – che noi di L’Ippocastano abbiamo presentato e discusso in occasione del primo evento di HEI Human Experience Insights dedicato proprio all’Employee Engagement – sono numerose le modalità che permettono di consolidare le relazioni tra i membri del team aziendale anche al di fuori dell’ambiente lavorativo tradizionale e quotidiano, permettendo a ciascuno di essere pienamente se stesso, di creare relazioni nuove e spontanee, e promuovendo allo stesso tempo la crescita dell’awareness e della brand equity.
Questo tipo di attività risulta fondamentale soprattutto in un’era in cui losmart working porta il team ad essere spesso distribuito e dislocato in sedi differenti: se è vero che le relazioni virtuali ci permettono di non conoscere confini, infatti, è altrettanto vero che incontrare i propri colleghi di persona almeno periodicamente è imprescindibile per lo sviluppo e il successo delle attività svolte.
Da non sottovalutare, infine, sono le potenzialità del gioco e dell’approccio ludico-creativo in termini di engagement e consolidamento del senso di appartenenza: la narrativa strategica di un’organizzazione combinata a un gioco narrativo si può rivelare estremamente efficace per creare un’organizzazione irresistibile e veicolare la cultura e la vision aziendali.
Il gioco è uno strumento democratico in grado di azzerare le gerarchie, una situazione rivelante in cui i partecipanti sono naturalmente portati a liberarsi di ogni eventuale maschera, in cui ogni individuo viene totalmente coinvolto e mediante la quale possono essere riprodotte (così come attraverso le attività sportive) le dinamiche aziendali, generando collaborazione e coesione attraverso un’esperienza appagante.
Ovviamente tutte queste attività richiedono – per la realizzazione effettiva del loro proposito – la partecipazione e l’impegno dei singoli, la loro disponibilità a lavorare su se stessi e sulle relazioni con i colleghi, la loro apertura a questa trasformazione culturale: solo così ciascuno può maturare a livello professionale e umano, e contribuire positivamente al successo e alla realizzazione dell’intera azienda.