Al giorno d’oggi, leggiamo sempre di quanto sia importante avere un buon equilibrio tra vita privata e lavorativa, di quanto sia salutare avere dei confini e non definirsi solo in base al lavoro che si svolge, ma alle passioni che si hanno.
Ma quali sono i Paesi dove questo equilibrio è raggiunto? E quali, invece, hanno ancora molto da imparare? Per chi lavora da remoto e si vuole trasferire, o semplicemente per chi vuole applicare dei cambiamenti alla propria azienda e sta cercando ispirazione, ecco una lista di Paesi da cui imparare qualcosa e farne tesoro.
Paesi Bassi
Apparentemente, il work-life balance perfetto si tinge di arancione e profuma di tulipani. Ebbene sì, uno dei Paesi dove si vive meglio è proprio l’Olanda, che secondo il Better Life Index dell’OCSE, si accaparra un altissimo 9,3/10.
Uno dei motivi principali per cui gli olandesi si sono accaparrati un punteggio così alto è proprio grazie alla loro capacità di evitare orari troppo lunghi in ufficio: solo 0.5 % dei dipendenti lavora al di fuori del proprio orario di lavoro, il che è incredibile in un settimana di circa 29 ore e reddito medio da 35 mila euro (la proporzione più vantaggiosa registrata su scala mondiale).
Non è però solo questione di lavorare meno ore, ma di saper includere sapientemente famiglia, amicizie, vita sociali, passioni, il tutto all’interno di uno schema sapientemente organizzato che include tutto senza però esagerare in niente. Ma cosa ci aspettavamo da un Paese al sesto posto nel World Happiness Report delle United Nations Sustainable Development Solutions Network?
Giappone
In Giappone la media delle ore lavorate è davvero alta: i giovani lavorano anche 100 ore ininterrottamente, vivendo con la sensazione di non avere alcuna scelta.
Circa un quarto delle aziende giapponesi hanno impiegati che lavorano una media di 80 ore in più al mese, e spesso non retribuite, il che sfocia in situazione drammatiche come depressione, malesseri o, addirittura, morte: non è raro leggere di giovani letteralmente uccisi da questo malsano ritmo lavorativo.
Ma degli sforzi per migliorare la situazione stanno accadendo: ad esempio, all’inizio del 2017 il governo ha introdotto i Premium Fridays, per incoraggiare le aziende a lasciar uscire gli impiegati prima, circa alle 3, ogni venerdì. L’impegno per far lavorare meno i dipendenti è visibile anche a Toshima, un distretto di Tokyo, dove le aziende spengono le luci alle 7 di sera, per costringere le persone ad andarsene.
C’è inoltre da aggiungere che il tutto avviene in una cornice di incredibile formalità, dove la gente si conosce solo e unicamente per cognome, ed essere aperti su una tematica come l’equilibrio tra vita personale e lavoro non è sempre facile.
Nuova Zelanda
La Nuova Zelanda non è solo lontana in termini di distanza, ma anche in termini di mentalità: i Kiwi, un altro nome che identifica la popolazione di questo luogo, sono in grado di preservare un ottimo equilibrio tra vita privata e lavorativa, soprattutto se paragonati ad altri Paesi nel resto del mondo.
Il pensiero generale che si può notare qui è che il lavoro non è che una parte della propria vita, e non tutto ciò che la definisce. La giornata lavorativa inizia presto, verso le 8, per poi concludersi verso le 4 del pomeriggio, e lasciare ampio spazio a hobby, famiglia, vita sociale e sport.
Il lavoro è percepito come un’attività complementare che interrompe il tempo libero, il che non significa venir meno ai propri impegni e prendere il lavoro poco seriamente ma, anzi, comprendere ciò che vi è di davvero importante nella vita e avere giusta prospettiva sulle cose.
Secondo le norme lavorative neozelandesi, uno stress eccessivo può essere percepito come un vero e proprio problema di sicurezza e di salute: se un impiegato lavora troppo ed accumula stress, il datore di lavoro ha l’obbligo di intervenire per risolvere la situazione.
Tutte queste considerazioni sono confermate da HSBC 2017 Expat Explorer Survey, che ha inserito la Nuova Zelanda nella sua classifica addirittura al terzo posto, dopo Singapore e Norvegia.
Messico
Il Messico è stato definito dall’ Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) il Paese Latino Americano con la peggior work-life balance. Quindi no, non è tutto mariachi e margarita, ma anche lavoro lavoro lavoro. I motivi principali sono il grande numero di persone che lavora più di 50 ore a settimana, la mancanza di tempo libero e la disparità tra uomini e donne (il 78% degli uomini ha un lavoro, contro il 43% delle donne).
Quindi, è ora di dimenticare lo stereotipo del messicano che fa fiesta indossando un sombrero, perchè a quanto pare di siesta ne fanno ben poca. Si capisce quanto sia netta la differenza con, ad esempio, i norvegesi, dove il 63% lavora in media 35 ore, il 6% ne lavora di più, mentre invece l’8% svolge le proprie mansioni in appena 10-19 ore. I messicani, invece, lavorano in media 519 ore all’anno in più di un americano, e riceve meno di un quinto della paga.
Italia
In Italia c’è un buon rispetto per il concetto del vivere bene. Solo il 4% dei dipendenti passa molte più ore del previsto a lavoro, contro una media del 13% dei Paesi dell’ OCSE.
La quantità (e la qualità) delle ore libere è presa molto seriamente dagli italiani, i quali dedicano circa 14.9 ore della propria giornata alla cura della persona (es. mangiare, dormire) e alle attività piacevoli (socializzare, dedicarsi ad hobby, vedere un film, ecc..)
Questo equilibrio tra vita personale e lavorativa è dovuto anche all’implementazione dello smart working da parte delle aziende, le quali hanno iniziato a capire sempre di più le necessità dei dipendenti, e quanto possa essere efficace concedere la possibilità di lavorare fuori dalle mura aziendali. L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro agile, che offre l’opportunità di gestire il proprio lavoro basandosi su fiducia, flessibilità, ed organizzazione.
Le organizzazioni stanno diventando sempre più liquide, e i lavoratori sempre più mobile: il numero dei lavoratori freelance e da remoto sta aumentando vertiginosamente, e arriveremo molto presto ad una rottura con gli schemi del passato, troppo tradizionali e ancorati a un modo di lavorare che, ormai, non funziona più.
Questa rottura è rappresentata da un cambio di prospettiva e di visione del luogo di lavoro, il quale viene modellato sulla base delle esigenze del lavoratore, e non viceversa.
Riuscire a far combaciare tutto nella propria vita non è semplice: in una giornata composta da sole 24 ore, è sempre una lotta contro il tempo. Ci sono Paesi in giro per il mondo dove la gestione del proprio tempo e la divisione tra la sfera lavorativa e personale è netta e ben definita. In questi paesi, come Nuova Zelanda o Paesi Bassi, le persone danno molto spazio alle proprie passioni, e non concepiscono una mentalità in cui si viva solo per il lavoro, cosa che invece sembra accadere in Messico o Giappone.
L’importante è che ognuno, nel proprio piccolo, a prescindere dal Paese in cui si trovi, dedichi il giusto tempo e le giuste energie tanto al lavoro quanto alla famiglia e, soprattutto, a se stessi.