Il mercato del lavoro nel XXI secolo: quando essere freelance e quando risorsa interna?

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Come ottimizzare le proprie competenze per essere un buon consulente e quando invece è più opportuno allargare il team interno? Con l’articolo di oggi abbiamo chiesto a Ninja Marketing di darvi qualche dritta per capire, sia dal punto di vista del lavoratore che da quello aziendale, quando è cruciale servirsi di una risorsa interna e quando invece è proficuo intrattenere rapporti non vincolanti.

Le aziende sempre più spesso si avvalgono di collaborazioni esterne: il mercato del lavoro è cambiato, così come il lavoro stesso. La presenza costante di una determinata figura in ufficio non è più un fattore determinante così come le possibilità di fare impresa per un libero professionista si sono espanse grazie al digitale.

 

Freelance o dipendente? Questione di tempi e di prospettive

 

Partiamo dai lavoratori. Esistono oramai una serie di possibilità contrattuali che spesso coincidono con la precarietà ma che possono essere sfruttati per ricercare più opportunità di lavoro per diverse realtà di lavoro.

Capire quando cercare il rischio e quando invece bisogna (quando se ne ha la chance) (af) fermarsi in una sola realtà non è così lineare e dipende da alcuni fattori strettamente personali.

Essere un dipendente ha in sé alcuni vantaggi inoppugnabili:

  • Entrate costanti nel corso dell’anno

  • Una struttura gerarchica nella quale si è esecutori di una strategia decisa da chi se ne assumerà le responsabilità

  • Servizi e diritti connessi (formazione, malattia, ferie, gestione fiscale a carico dell’azienda)

 

È altresì vero che lavorare come freelance produce una certa libertà d’azione:

  • Gestione autonoma dei carichi di lavoro in proiezione delle entrate

  • Scelta dei clienti e dei progetti da intraprendere in relazione al proprio benessere

  • Organizzazione indipendente del tempo libero e della formazione professionale

 

Da questa prima contrapposizione vediamo come non c’è un vero vincitore tra le due forme di lavoro: molto dipende dal contesto personale. È molto più facile ad esempio che un single opti per il freelancing visto che risponde solo a se stesso per esempio, chi ha una famiglia sarà più portato al lavoro dipendente perché in quel modo risulterà più semplice programmare tappe fondamentali della sua vita (nascita e crescita dei figli, acquisto di un immobile etc etc).

Esistono però alcune competenze indirette che è bene sviluppare se si vuole migliorare come professionisti che sono possibili solo e soltanto intraprendendo uno dei due percorsi lavorativi:

  1. La visione d’assieme e lo sviluppo di competenze orizzontali.

  2. L’acquisizione di una metodologia di lavoro comune.

 

Il freelance è una piccola azienda ed impara a ragionare a 360°

 

Facciamo l’esempio di un’agenzia pubblicitaria o comunque una realtà legata al marketing: chiunque abbia lavorato in queste tipologie d’aziende sa che vi è sempre uno scontro tra account e creativi.

Gli uni e gli altri spesso si parlano ma raramente si capiscono. Uscire dal proprio guscio e lavorare in proprio comporta per un creativo la necessità di accentrare tutte le attività di acquisizione e gestione di un cliente. Imparerà a capire a quali compromessi un account deve costantemente scendere per soddisfarne le necessità, capire l’equilibrio tra vena creativa ed esigenze di mercato.

Tutto questo è possibile solo se non si è costretti nel proprio recinto. Chiunque sia uscito da un’azienda per poi rientrarvi vi dirà che ha cambiato il modo di approcciare le altre business unit con maggiore collaborazione. Più si è costretti a fare tante cose oltre quelle per cui si è specializzati maggiori saranno le capacità e le possibilità di scalare l’azienda per cui si lavora.

 

No man is an island: imparare gli schemi condivisi

 

Una delle difficoltà di quando si entra nel mondo del lavoro è quella di imparare un metodo di lavoro: come fare le cose, con quali strumenti, interagendo con quali figure.

Sono tutte cose che chi è appena uscito dall’università non conosce e non può che apprendere da qualcuno con seniority superiore alla sua. La stabilità che una struttura gerarchica di lavoro come quella aziendale fornisce aiuta a capire come svolgere alcune mansioni, ad interfacciarsi con colleghi e clienti etc etc.

Non si può pensare di lavorare sempre da soli e soprattutto facendo le cose a modo proprio: costruire una metodica comune aiuta oggi come tra dieci anni ad inserirsi in un contesto già codificato per cui il bagaglio di esperienze che ci si produce lavorando in un team è insostituibile. E questo ordine delle cose viene utile anche quando si è già accumulata esperienza in un determinato settore

 

Espandere un team o consulenza una tantum? È tutta questione di obiettivi

 

Passiamo quindi alla prospettiva da parte delle aziende. Avere un team agile o una struttura composita è una scelta che comporta sempre oneri finanziari ingenti, investimenti a lungo termine, oltre che relazioni personali e sindacali che possono inficiare il successo di un business.

Esistono però dei parametri attraverso i quali capire quando è bene affidarsi ad una consulenza e quando invece è necessario avere un collaboratore sempre presente.

 

Vediamone alcuni:

  • Strategia o esecuzione? Esistono molte figure lavorative che operano su quello che è definito il quadro generale: sono coloro che delineano progetti a medio termine ma che poi in senso stretto non si occupano della fase di attuazione se non per controllo e verifica degli obiettivi. Per questo tipo di mansioni forse è bene pensare ad un consulente che ciclicamente venga in azienda, avvalersi h24 di una figura che non sfrutti se non una tantum comporta costi altissimi.

  • Mai rinunciare al know-how! Se la tua azienda vuole espandersi in un determinato settore avrai bisogno di figure da formare costantemente per importi su un mercato. Se ti accolli i costi di formazione di una professionalità fai di tutto affinché lavori solo per te, altrimenti corri il rischio che rivenda quella professionalità a più competitor a tue spese, unendo il danno alla beffa.

  • Day by day e gestione dei tempi. Se alcune attività comportano tempi di risposta molto brevi affinché abbiano successo allora cerca di evitare di avere un gruppo di lavoro con troppi consulenti. Un free lance non può mai dedicarti tutto il suo tempo tutti i giorni (altrimenti non potrebbe avere più di un cliente), per cui stabilisci il carattere d’urgenza dei tuoi task. Se ti accorgi che hai bisogno di avere uno staff lì con te allora porta in azienda le risorse piuttosto che fare tutto male ed in tempi biblici

  • Il risparmio sui free lance non sempre è guadagno. Rispetto ad una risorsa interna un free lance costa meno visto che gli oneri fiscali sono a suo carico. Non pensare però che il costo del lavoro al minimo aumenti i profitti: è strettamente legato al punto precedente. Se per risparmiare completi un’attività nel triplo del tempo vorrà dire che di fatto avrai speso di più e guadagnato di meno. Assumiti il rischio d’impresa.

  • Investire sulle mansioni o investire sulle persone? Un consulente esterno porta in azienda le sue competenze per un periodo limitato. È utilissimo in fase di lancio o di crisi perché ti porta ai livelli desiderati in poco tempo. Ma è difficile programmare sul lungo periodo sapendo che questi può decidere unilateralmente di non rinnovare la sua collaborazione. Scegli bene quando accelerare e quando costruire un rapporto duraturo per dare fondamenta solide alla tua azienda.

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