1. Ciao Luca, sei stato relatore dello Smart Working Day 2018, tenutosi il 10 maggio scorso a Copernico Torino Garibaldi. Cos'hai provato quando sei stato contattato per prendere parte a questo evento?
Quando sono stato contattato per partecipare allo SMWD mi ha fatto un grande piacere e allo stesso tempo ho provato una forte responsabilità conoscendo alcuni dei relatori, come Giovanni Battista Pozza e Andrea Solimene, e sapendo bene quale fosse il valore dei contenuti proposti lo scorso anno.
2. Cosa significa per te Smart Working?
Per me lo smart working è rispondere a questa tua intervista lavorando insieme su un documento condiviso.
E’ collaborare con il mio team di progetto in un’area di brainstorming e poi preparare una presentazione nella library per trovare la giusta concentrazione.
Smart working è per me l’unione tra il virtuale e il fisico, è focalizzarsi sull’obiettivo e non sul tempo o sul luogo.
3. Quali sono i vantaggi e le criticità di cui possono beneficiare le aziende oggi, con una migliore organizzazione degli spazi?
La riorganizzazione degli spazi di lavoro è spesso uno dei principali driver per far partire progetti di smart working.
Le persone sono sempre più mobili e non hanno bisogno di una postazione assegnata e questo da una parte fa risparmiare metri quadri (e quindi costi) e dall’altra libera spazio per una varietà di ambienti di lavoro che favoriscono le diverse attività lavorative e quindi aumentano la produttività.
Dall’altra parte non sempre le persone sono pronte a questo cambiamento di paradigma, una criticità che è spesso però trascurata.
4. Quale ruolo occupa la tecnologia ed il saperla utilizzare, in tutto questo?
La tecnologia è l’elemento che abilita lo smart working e quindi anche la riorganizzazione degli spazi. Se le persone non hanno, ad esempio, un laptop, come possono muoversi e lavorare in un luogo diverso dalla propria scrivania?
5. Nel tuo intervento allo SMD dell'anno scorso, hai spiegato come funziona il ripensamento degli spazi lavorativi, conseguenza dei cambiamenti del nostro tempo. Qual è stato il percorso che ha visto il passaggio dall'affermazione “abbiamo bisogno di un ufficio” alla domanda “serve ancora un ufficio”?
La domanda che mi pongo, ovvero se serva ancora un ufficio, è ovviamente una provocazione. Proprio oggi che non siamo più obbligati di recarci in una sede per lavorare, l’ufficio riacquista importanza come simbolo dell’identità dell’azienda, e soprattutto come luogo di incontro e socializzazione organizzativa.
E’ dall’incontro e dalla collaborazione che si genera l’innovazione, ed è anche per questo che le più grandi multinazionali del mondo investono sempre di più nei propri headquarter.