Innovazione e luogo di lavoro

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Il lavoro agile genera l’innovazione dell’azienda, anche grazie all’innovazione tecnologica. Ma non solo.

Il 2020 è stato un anno impegnativo per molti versi e ancora non sappiamo come pronunciarci rispetto al 2021. 

 

Marzo 2020 è la data che, nel bene e nel male, ha dato il via a un’accelerazione delle politiche di lavoro da remoto che oggi fanno parlare di “new normal” rispetto allo smart working e al lavoro agile. Vediamo qualche numero per capire la portata del fenomeno e proviamo a capire come una modalità diversa di lavoro aiuta a portare l'innovazione in azienda. 

 

Smart Working: qualche dato 

 

Secondo i dati diffusi a novembre 2020 dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano nel corso del convegno online "Smart Working il futuro del lavoro oltre l'emergenza", durante la fase più acuta dell'emergenza lo smart working ha coinvolto il 97% delle grandi imprese, il 94% delle pubbliche amministrazioni italiane e il 58% delle PMI, per un totale di 6,58 milioni di lavoratori agili, circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani, oltre dieci volte più dei 570mila censiti nel 2019. 

 

A settembre 2020, tra rientri consigliati e obbligatori, difficoltà e incertezze nell'apertura delle sedi di lavoro, gli smart worker (che hanno lavorato anche da remoto) sono scesi a 5,06 milioni, suddivisi in 1,67 milioni nelle grandi imprese, 890 mila nelle PMI, 1,18 milioni nelle microimprese, 1,32 milioni nella PA: in media i lavoratori nelle grandi aziende private hanno lavorato da remoto per la metà del loro tempo lavorativo (circa 2,7 giorni a settimana), nel pubblico 1,2 giorni a settimana.

 

Seppur con qualche difficoltà e nonostante spesso più che di smart working si sia trattato di telelavoro, questa modalità di lavorare basata sulla flessibilità di tempo e spazio è entrata nella quotidianità degli italiani ed è destinata a rimanerci: al termine dell'emergenza si stima che i lavoratori agili, che lavoreranno almeno in parte da remoto, saranno complessivamente 5,35 milioni, di cui 1,72 milioni nelle grandi imprese, 920 mila nelle PMI, 1,23 milioni nelle microimprese e 1,48 milioni nelle PA. 

 

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smart working a milano in copernico zurettismart working a milano in copernico zuretti

Lavoro agile e innovazione tecnologica, destini incrociati

 

Se abbiamo imparato che grazie all’innovazione tecnologica e a un radicale cambio di mentalità lavorativa, si può lavorare in modo più agile ovvero non vincolati alla presenza costante alla scrivania, si è anche reso evidente che molte organizzazioni sono impreparate dal punto di vista tecnologico ad affrontare il lavoro agile

 

Sempre secondo il Politecnico di Milano, più di due grandi imprese su tre hanno dovuto aumentare la dotazione di pc portatili e altri strumenti hardware (69%) e di strumenti per poter accedere da remoto agli applicativi aziendali (65%); tre PA su quattro hanno incoraggiato i dipendenti a usare i dispositivi personali; il 50% delle PMI non ha potuto operare da remoto. A livello organizzativo, invece, è stato difficile mantenere un equilibrio fra lavoro e vita privata per il 58% delle grandi aziende e il 28% dei lavoratori, e per il 33% delle organizzazioni i manager non erano preparati a gestire il lavoro da remoto. 

 

Nonostante le difficoltà, questo smart working atipico ha contribuito a migliorare le competenze digitali dei dipendenti (per il 71% delle grandi imprese e il 53% delle PA), a ripensare i processi aziendali (59% e 42%) e ad abbattere barriere e pregiudizi sul lavoro agile (65% delle grandi imprese), segnando una svolta irreversibile nell'organizzazione del lavoro.

 

Innovazione: cos’è e come si sviluppa in azienda

 

Perchè lo smart working sia produttivo, quindi, non si può prescindere dall’inserire in azienda dinamiche di lavoro innovative che, per dare il meglio di sè, non possono fare a meno dell’innovazione tecnologica. 

 

Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire cosa si intende per “innovazione”, un concetto di cui si parla molto e che è molto diffuso in questi anni. Non un concetto nuovo, ma ben radicato nella nostra cultura e nella nostra storia proprio perchè legato alla scoperta di qualcosa o all’applicazione di una novità. 

 

L’innovazione può riguardare sia processi, che prodotti e avere benefici sia in termini sociali che economici, può essere legata all’innovazione tecnologica ma anche riguardare un nuovo modo di fare qualcosa, ad esempio di lavorare o di concepire il luogo di lavoro. 

 

Nel mondo degli affari, l’innovazione può essere un fattore determinante per il successo delle imprese: chi è capace di innovare può conquistare la leadership di un mercato o recuperare posizioni di vantaggio competitivo. 

 

Il primo a trattare il tema dell’innovazione in un’ottica strategica di sviluppo e di vantaggio competitivo è stato l’economista austriaco Joseph Schumpeter che, nel lontano 1934, in “Theory of economic development” ha definito  tale concetto come «la prima introduzione nel sistema economico e sociale di un nuovo prodotto, servizio, processo, mercato, fattore produttivo o modello organizzativo». Secondo l’autore, dunque, l’innovazione può assumere diverse forme e presentarsi durante diverse fasi del ciclo di vita di un’impresa: dalla produzione di beni e servizi fino alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento. 

 

Possiamo quindi, considerare innovazione anche un cambiamento di comportamento lavorativo e un diverso approccio allo spazio di lavoro che viene abilitato anche attraverso un uso strategico della tecnologia. 

 

Cambiare il modo di lavorare, adottare una politica di realesmart working potrebbe essere per le aziende un fattore di innovazione e di crescita esponenziale, che aiuta a ripensare il modello di business e a renderlo più attuale rispetto al mercato attuale. 

 

Smart working e innovazione tecnologica: mai più senza per chi vuole crescere

 

Lo smart working ha portato con sè una grande opportunità per le aziende. 

 

L’accelerazione sul lavoro da remoto ha fatto sì che diventasse fondamentale adottarsi di strumenti per il lavoro in cloud in primis e ha reso indispensabile una riflessione su come portare l’innovazione all’interno dell’azienda

 

Abilitare le persone al lavoro da remoto significa, infatti, non solo dotarle di un pc, di una connessione internet stabile sicura e di piattaforme per videocall o team working. 

 

Abilitare le persone al lavoro da remoto significa definire una nuova visione strategica, definire degli obiettivi di business, stabilire dei punti di controllo e nuovi processi organizzativi basati sulla gestione dei dati.

 

Non ci può essere smart working senza innovazione tecnologica, non ci può essere innovazione tecnologica senza un ripensamento dei propri processi e, quindi, un cambiamento più profondo, una trasformazione del dna aziendale che genera l’innovazione. 

 

Una recente ricerca di Ricoh ha evidenziato che la tecnologia è stata in questo anno un’ancora di salvezza per le aziende: il ruolo degli IT manager è stato fondamentale e continuerà ad esserlo, supportando nuove modalità operative e nuovi trend destinati a perdurare nel tempo. In particolare, i digital innovation manager e i reparti IT oggi si devono concentrare da un lato sul fornire tecnologie e servizi che aiutino a garantire la continuità operativa dell’azienda in un mondo del lavoro più flessibile, dall’altro però devono impegnarsi a migliorare l’esperienza dei clienti, ad ottimizzare il ciclo di vita del cliente, a facilitare la collaborazione tra marketing, sales, produzione oltre che a supportare in modo sicuro le nuove modalità lavorative. 

 

Una bella sfida!

creatività in ufficiocreatività in ufficio
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Anche lo spazio di lavoro favorisce l’innovazione

 

Se da un lato lo smart working ha costretto le aziende ad accelerare il processo di digital transformation, questo il cambio di modalità di lavoro e di consumo del luogo di lavoro può essere altrettanto innovativo se recepito dalle aziende in modo costruttivo. 

 

Come dice Matt Ridley: “L’innovazione accade quando le persone sono libere di pensare, sperimentare e speculare”. Questa affermazione suggerisce che supportare le persone con spazi di lavoro flessibili che aiutano a sviluppare abilità cognitive piuttosto che relegarle a una scrivania fissa per un numero determinato di ore di lavoro, potrebbe essere un buon modo per far fluire l’innovazione all’interno dell’azienda. 

 

La variabile dello spazio, quindi, può incidere in modo positivo sui processi che spingono l’innovazione. 

 

Nel sondaggio “Smartworking: il punto di vista di GenZ e Millennials” presentato da OneDay in collaborazione con Il Sole24Ore, a cui hanno partecipato oltre 2.000 giovanissimi tra studenti, lavoratori e ragazzi in cerca di nuove opportunità, si evidenzia come i giovani siano, in realtà, combattuti sul tema dello smart working e più in particolare del remote working. Il 50% degli intervistati lo accoglie positivamente; gli piace l’idea nella sua accezione di autonomia e flessibilità e così, infatti, si immagina l’azienda del futuro. Allo stesso tempo, però, il 40% non vorrebbe perdere il contatto con l’ufficio e crede che lo smart working sia un’opportunità da affiancare rigorosamente al lavoro e alla formazione in ufficio. Il 72% degli intervistati non vuole rinunciare all’ufficio a patto che la sua funzione venga rivista in modo da incentivare la condivisione, la creatività e i momenti di convivialità. 

 

E non è da qui che nasce la vera innovazione? Dalla generazione di nuove idee? 

 

Ecco allora che l’ufficio passa dall’essere una commodity ad essere una leva strategica per lo sviluppo di innovazione

 

Inoltre, portare lo smart working in azienda significa anche cambiare i modelli di leadership e formare le persone a nuove modalità di gestione del tempo e delle relazioni e significa un approccio organizzativo esteso e variegato, che contrappone una cultura tradizionale piramidale, con flussi top-down delle informazioni, a un modello che privilegia la connessione, rivalutando fiducia, reciprocità e autonomia dei partecipanti. 

 

Partecipazione e coinvolgimento diventano quindi parole chiave per portare innovazione in azienda. 

 

Con lo smart working, il controllo dei risultati e dell’efficienza dei processi è preferito al controllo delle persone, si punta di più alla qualità del lavoro che non alla quantità. Si offre alle persone maggiore libertà nella gestione degli spazi e di tempi di lavoro. 

 

Il mantra del modello agile è non a caso “la persona al centro”. Il che significa, in primo luogo, ribadire l’importanza di una delle più importanti dimensioni della vita di un individuo: il tempo. Una dimensione a lungo trascurata, che mai come in questi giorni ci sta ricordando il suo significato cruciale. Questo vale per i lavoratori. Per i manager. E per tutti i soggetti coinvolti nell’organizzazione aziendale.

 

E questa potrebbe essere la più grande innovazione che ci lascia il Covid-19. 

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