Quali sono gli elementi base di una strategia di comunicazione efficace?
A mio parere, quando si declina un piano o una strategia di comunicazione è essenziale chiarire molto bene gli obiettivi che si vogliono raggiungere e le aspettative del target a cui ci rivolgiamo.
Un altro elemento importante è conoscere molto bene il contesto, i processi e i prodotti della propria azienda. Chi si occupa di comunicazione deve avere un buon network relazionale e una buona collaborazione con le altre funzioni aziendali, deve poter accedere alle informazioni chiave che consentono di avere un quadro completo della sfida da affrontare, soprattutto quando si tratta di sostenere obiettivi di business importanti.
Quindi, all’inizio di un progetto ritengo utile “perdere” tempo per mettere a fuoco tutti questi elementi, prima di partire con piani ed iniziative.
Spesso capita invece di avere tempi cosi ristretti che si rischia di tralasciare un’analisi accurata iniziale e quindi di fare errori o non essere pienamente efficaci nell’esecuzione.
Spesso quando si struttura un piano di comunicazione si pensa a un interlocutore esterno, quanto invece è importante coinvolgere anche l’interlocutore interno?
Direi che con l’avvento di internet e dei social media, i confini tra interlocutori esterni ed interni è divenuto sempre più labile.
Ricordiamoci di comunicare contenuti in modo coerente all’interno e all’esterno dell’azienda, perchè è inevitabile che la circolazione delle informazioni trascenda i muri e i perimetri fisici.
L’importante è essere sicuri che quello che si comunica all’esterno non sia in contraddizione con quanto avviene o viene comunicato all’interno dell’azienda. Al di là dell’attenzione da porre, occorre anche saper sfruttare al meglio le opportunità di comunicazione integrata che i nuovi media ci mettono a disposizione. Le attività di employer branding ne sono un esempio lampante.
Qual è l’obiettivo e il valore dell’ employer branding?
L’obiettivo è costruire la reputazione di “employer of choice” o “best place to work”, comunicando in modo chiaro e distintivo le caratteristiche e i valori dell’azienda, in modo da attrarre i candidati affini a quei valori.
In sintesi, significa spiegare e illustrare perché e come lavorando nella nostra azienda sarà possible raggiungere i propri obiettivi di crescita e sviluppo professionale. La costruzione di una reputazione di questo tipo è un processo che si rivolge sicuramente ai futuri collaboratori, ma che coinvolge anche i dipendenti attuali. Infatti, l’employer branding è uno delle attività di comunicazione esterna in cui il coinvolgimento dell’interlocutore interno è importantissimo: la coerenza tra quello che si comunica esternamente e la realtà aziendale è fondamentale per avere credibilità ed efficacia.
Non solo: consentire ai collaboratori esistenti di comunicare personalmente la propria esperienza in azienda dà maggiore credibilità e conferma il posizionamento dell’azienda stimolando allo stesso tempo senso di appartenenza e orgoglio.
Sentiamo sempre più parlare di sostenibilità e di impact, quanto questi due termini restano semplicemente “parole” o intenzioni per posizionare la marca e quanto, invece, diventano progetti significativi per il miglioramento della società?
Non è più tempo di operazioni di “green washing”: occorre autenticità per costruire una reputazione che duri nel tempo e che consenta alla marca o all’azienda di avere prospettive a medio e lungo termine. Fortunatamente, i consumatori sono molto più attenti che in passato ai valori e scelgono aziende e marche che rispettino tali valori.
La sostenibilità ambientale è uno dei fattori discriminanti. Non si tratta di una moda o di un trend, ma della consapevolezza sempre più diffusa che il futuro nostro e dei nostri figli può essere meno a rischio se rispettiamo l’ambiente.
Le aziende che hanno successo hanno compreso che gli investimenti e le risorse messe a disposizione per ridurre l’impatto ambientale nel medio e lungo termine significano successo e profitto.
Parliamo un attimo di te, qual è stato il tuo percorso professionale per diventare corporate communication manager di un’azienda internazionale? Hai tre suggerimenti per i nostri lettori?
Il mio background di traduttrice/interprete ha plasmato la mia inclinazione per la comunicazione che vedo un po’ come una missione sociale: quella di costruire ponti fra le persone per risolvere e soddisfare bisogni diversi.
Ho iniziato il mio percorso in una multinazionale americana, PPG, dove già molti anni fa la Comunicazione Corporate era una funzione aziendale importante e dove ho imparato una metodologia di lavoro.
Poi ho avuto la fortuna di entrare in Perfetti Van Melle circa venti anni fa quando l’azienda stava acquisendo una dimensione internazionale e quando la comunicazione corporate non esisteva ancora.
Mi sono stati dati spazio e fiducia per costruire questa funzione passo dopo passo, ma abbiamo ancora molto da fare! Per i tre suggerimenti, mi sento solo di incoraggiare i giovani talenti ad esporsi, far valere le proprie idee e a costruire rapporti interpersonali positivi, basati sull’ascolto e sulla collaborazione.
La comunicazione non è pura scienza che si studia e si applica, è materia soggettiva in cui è importante creare e ottenere fiducia e coltivare buoni rapporti interpersonali.