La formazione aziendale?

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Un gioco

Che pensieri suscita la parola “formazione”? Ore e ore d’aula, chini sui banchi per apprendere nozioni, l’insegnante, la lavagna, i fogli per gli appunti e le pile di presentazioni da consultare. Oggi vi dimostriamo che si impara meglio se ci si diverte. Ebbene sì. E lo dimostra l’esperienza di Paolo Peraro, CEO di Hook - the Nudge Creating Company, società specializzata nella formazione e nella comunicazione, che lavora con approccio innovativo ispirato al concetto di Nudge. In pratica Paolo e il suo team lavorano su progetti che mirano a raggiungere obiettivi di apprendimento e di cambiamento attraverso la creazione di esperienze. Il processo formativo si avvia grazie a un forte ingaggio, che i consulenti creano con degli hook, agganci che spronano ad agire all’interno del percorso ideato.

Chi contatta Hook sa di volere qualcosa di innovativo, non convenzionale, che combini coinvolgimento, divertimento e raggiungimento degli obiettivi definiti. Si passa dall’employer branding per i giovani che entrano in azienda, al training per la forza vendita, da campagne di sensibilizzazione riguardo la strategia aziendale, al change management. In ogni caso Paolo, da buon economista, studia i bilanci e modelli di business e costruisce uno storytelling coinvolgente, spesso con il supporto di meccaniche social o di gamification, che permettono di incuriosire i partecipanti, facilitare il loro apprendimento, persuadere e far ricordare i contenuti e i comportamenti evidenziati attraverso l’esperienza.

Tutti soddisfatti? Sembra di sì! Chi partecipa alla formazione impara uscendo dagli schemi e divertendosi, chi commissiona il progetto raggiunge l’obiettivo fissato in fase di brief e può contare su dipendenti contenti.

Copernico rappresenta per Paolo e per Hook l’ambiente di lavoro ideale grazie al mix di contaminazione e privacy dei suoi spazi: “Se mi penso in Copernico mi immagino costantemente coinvolto in situazioni di networking, mi vedo vivere in un clima di contaminazione e connessione continua, dove la creatività è stimolata da un tessuto fertile grazie al fermento della community”.

Non ci resta che chiedere a Paolo la sua ricetta per alimentare la creatività: “Non voglio dire le solite cose sull’essere delle spugne e unire i puntini. La creatività è qualcosa che si coltiva, studiando ogni dettaglio, preparandosi sull’argomento su cui si è chiamati a lavorare. Se ad esempio sei un grafico e devi lavorare al logo di un nuovo brand di penne il mio consiglio è di sapere tutto sulle penne: come sono fatte, che forma avevano le prime penne, quante penne ci sono nel modo, come sono usate dai clienti. Prendetevi del tempo per studiare e approfondire anche dettagli che sembrano inutili; può sembrare uno sforzo superfluo rispetto al proprio obiettivo ma l’investimento di tempo si ripagherà con la qualità del vostro output, anche se non ve ne accorgerete. Credo anche che la creatività debba essere progettuale, finalizzata a qualcosa di preciso e predefinito; ogni scelta di progetto deve essere giustificata e non essere fine a se stessa. Dato che un’esperienza è l’alchimia di moltissimi stimoli quello che noi proviamo a fare è essere piuttosto maniacali in fase di design. Quale sarà la prima cosa che i partecipanti vedranno? E quale sarà la loro reazione?  Che tipo di porosità deve avere la carta della scheda di istruzioni? E perché?”

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