L’arte va al lavoro.. grazie alla parola
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- Francesca Zuffi
Secondo un recente studio dell’Università Cattolica di Milano, “l’Arte fa bene al Business”: le aziende coinvolte sostengono che l’investimento in cultura meriti di essere inserito a pieno titolo fra gli investimenti e le scelte economiche che un’impresa può compiere in un’ottica non solo di promozione o di immagine, ma anche di sviluppo e innovazione.
Inoltre, in un periodo storico ed economico così difficile come quello che da anni si sta vivendo, non esiste scelta più azzeccata per un’azienda che puntare sulle persone, facendole sentire speciali e necessarie, creando ambienti di lavoro innovativi e stimolanti attraverso l’arte.
Abbiamo chiesto a Giorgia Sarti e Marta Menegon, founder di Whitelight Art Gallery, la galleria di arte contemporanea che ha sede in Copernico Milano Centrale, di raccontarci come sta cambiando lo scenario e quali sono le prospettive future.
Giorgia: “Il legame tra arte e business ha origini lontane e si è sviluppato molto nel corso degli anni. È a partire dal movimento futurista di inizio 900 che una parte del mondo dell’arte comincia a seguire una direzione commerciale, legata al mondo del marketing e della comunicazione, con la cartellonista d’autore e la visionaria rappresentazione creativa di beni e prodotti aziendali, quali la prima bottiglia Campari ad opera di Fortunato Depero. Nasceva quella cultura d’impresa che a tutt’oggi non ha ancora smesso di svilupparsi ed evolversi. Moltissimi i nomi di grandi aziende che si sono legate all’arte e al mondo dei creativi, dalle prime Campari, Fiat, Pirelli, Olivetti fino a giungere a tutti i più grandi marchi di oggi tra cui Eni, Illy, Trussardi, Prada, Telecom, Terna, colossi della moda, energia, food oltre a banche e ai settori più disparati del business. Tutti accomunati da un legame sempre più stretto con l’arte contemporanea e un credo particolare nelle sue enormi potenzialità. Ampia è la varietà di possibili collaborazioni tra arte e impresa. Dal design di prodotti personalizzati, al packaging d’autore alla realizzazione di opere celebrative e alla creazione di loghi e marchi. Fino a giungere alla messa in atto di vere e proprie “Corporate Collections”. Finora arte al servizio dell’impresa, sotto forma di commissioni, o arte posseduta dalle imprese, le collezioni private, musei e fondazioni. Arte come bene economico dunque.
Da qualche tempo, grazie alla collaborazione con Copernico, si apre la porta ad una nuova forma di sinergia arte/business. Non solo arte per l’impresa, ma impresa che si offre all’arte, in una forma di apertura straordinaria senza fini di lucro dove il fine e il rendiconto rientrano più in una logica di posizionamento e offerta ai propri clienti di un “vivere migliore all’interno del luogo di lavoro”. Un riconoscimento del ruolo dell’arte e della creatività che sconfina e va oltre la logica comune. Arte e impresa da sempre seguono differenti percorsi. L’impresa è razionalità volta al conseguimento di precisi obiettivi e risultati. L’arte è mediata da sentimenti e passioni, non soggetta a standardizzazioni e ritmi serrati. La collisione tra i due linguaggi genera una nuova dimensione in cui l’impresa si arricchisce di nuovi contenuti e di un moto creativo che porta innovazione e idee avveniristiche.
"Grazie alla partnership tra Whitelight e Copernico oggi tale collisione è realtà. Portare l’arte contemporanea e farla vivere all’interno di ambienti di lavoro permette quell’esperienza e quell’arricchimento quotidiano che difficilmente si possono sperimentare altrove. Uno stimolo creativo continuo, presente e vivo, grazie al lavoro di costante ricerca che permette le numerose proposte e iniziative che Whitelight e Copernico insieme offrono".
Marta: “L’arte contemporanea porta bellezza, stimola e nutre lo sguardo e la mente. Abitare spazi di lavoro significa contaminare con le Arti Contemporanee un luogo di aggregazione aziendale, un sistema multidisciplinare e internazionale frequentato da differenti fasce di professionisti che si muovono all’interno di diverse discipline economiche, finanziarie e creative della società contemporanea”.
Giorgia: "“L’idea del progetto “di Parole faccio Arte” nasce dalla precisa volontà di realizzare una mostra che avesse la forza di mettere in dialogo più artisti - Giorgio Milani, Sabrina ’Alessandro, Opiemme, su un tema comune di grande interesse e di ampio respiro, quello della Parola e della sua rappresentazione in arte. La rete di spazi di lavoro di Copernico, estesa su Milano, Torino e Roma ha reso possibile il progetto.
La scelta del tema, invece, è stata dettata dall’esigenza di affrontare una ricerca di grande importanza oggi, quella del recupero di una memoria storica e culturale di una società che troppo velocemente sta vivendo un grande cambiamento, un passaggio importante da una cultura materica, tattile, quella della carta stampata, dell’inchiostro e dei libri ad una virtuale, intangibile che viaggia digitalmente in solitaria sul web. Obiettivo del progetto espositivo è appunto stimolare una riflessione su questo tema".
Marta: “Nasce dalla sinergia tra Whitelight Art Gallery e Copernico, due realtà giovani e lungimiranti che credono nel valore dell’arte. Whitelight Art Gallery per la parte artistica ha individuato il fil rouge della mostra coinvolgendo tre artisti legati ad un unica tematica: la parola. Copernico, ha abbracciato il progetto nelle sue sedi prestigiose di Milano Roma Torino dimostrando come una realtà votata al business possa aprirsi alla bellezza dell’arte. Un progetto nuovo, itinerante, segno dei tempi. Ispirare chi lavora e far conoscere tre artisti italiani a livello nazionale è sicuramente un grande risultato”.
Giorgia: “Personalmente penso che oggi sia in atto un processo di allontanamento dal corretto utilizzo delle parole, soprattutto in ambienti di lavoro dove il tempo è sempre poco e gli strumenti digitali troppi. La parola non viene più rispettata in quanto strumento di comunicazione emotiva ma solo utilizzata a fini pratici. Grazie ai sistemi di messaggistica oggi si utilizzano semi-parole,abbreviazioni, frasi troncate e inglesismi conditi da emoticon che sostituiscono la mancanza di capacità ad utilizzare correttamente le parole.
Scopo dell’esposizione è anche questo. Richiamare l’attenzione e il rispetto nei confronti di quella che per secoli è stata la base della nostra e di tutte le culture, la Parola. Guardarla, toccarla, leggerla e riflettere insieme a lei.
Quale luogo migliore se non un grande ambiente di lavoro dove poter proporre questa riflessione? In Copernico stiamo raccontando una storia attraverso una mostra”.
Marta: “La lingua italiana purtroppo non sta evolvendo, perde forza a favore di una lingua inglese che per sua natura è più diretta e incisiva nel mondo degli affari. Aver realizzato un progetto sulla parola è proprio un modo per provocare e richiamare l’attenzione sull’ importanza che la parola ha sempre avuto nella costruzione del linguaggio artistico. Citando Giorgio Milani: “l’alfabeto è la più grande invenzione dell’uomo””.
Giorgia: “L’Arte visiva oggi ha per me una grande responsabilità, tanto più grande quanto più preoccupante è il panorama culturale che si delinea.
In un periodo in cui le immagini stanno prevaricando e sostituendo prepotentemente l’utilizzo delle parole e dei testi scritti, l’arte visiva diventa fulcro dell’emanazione di materia culturale. Le nuove generazioni si nutrono di immagini con scarsissima predisposizione all’ approfondimento e all’analisi. Ecco che l’arte deve intervenire, con azioni mirate a stimolare quella capacità di critica che sarà fondamentale per la costruzione di un futuro. Sano. Nonostante il ruolo economico sempre presente e importante del mondo dell’arte, penso che oggi più che mai si debba chiedere all’arte uno sforzo educativo e sociale maggiore.
Quindi auspico un futuro che possa godere di maggiore supporto al mondo dell’arte, che ne riconosca il giusto ruolo culturale attraverso reali e concrete azioni di sostegno.
Più ricerca, più mostre ad alto livello di contenuto, più iniziative rivolte alla riflessione e al dialogo. Mi auguro più mostre da raccontare che da vedere e basta”.
Marta: “ Guardando i numeri e l’affluenza alle grandi mostre di questi ultimi anni ho la sensazione che ci sia un grande bisogno di nutrirsi di bellezza e di staccare da una vita frenetica e a volte alienante. L’arte in questo senso rigenera, ispira e dà spunti di riflessione. Per il futuro, credo bisognerà fare un grande sforzo affinchè l’arte si apra sempre di più alla contaminazione degli ambienti e non si arrocchi in linguaggi troppo sperimentali e concettuali allontanadosi da quella funzione pubblica che ne è essenza”.
Marta: “Tempo, inclusione, realtà virtuale”
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