Imprenditorialità al femminile

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Storie da cui lasciarsi ispirare

In occasione dell'evento "Impresa: sostantivo femminile" tenutosi in Copernico Martesana il 28 maggio, abbiamo voluto intervistare tre donne piene di spirito imprenditoriale, e lasciarci ispirare dalle loro esperienze: Daniela Galvani, Eliana Salvi e Francesca Corrado

L'evento è stato organizzato da Just Knock, l'innovativa piattaforma di Recruiting che trasforma impersonali annunci di lavoro in coinvolgenti sfide, permettendo ai candidati di immedesimarsi da subito nel ruolo e di proporsi inviando idee al posto dei CV.

A fine 2017, in Italia, le imprese femminili iscritte al Registro della Camera di Commercio erano oltre un milione e 330 mila, 10 mila in più rispetto all'anno precedente. Ma circa il 22% del totale delle imprese.


In Italia solo un'attività imprenditoriale su 5 è guidata da una donna, una media in linea con tutto il resto dell'Occidente.


Secondo il rapporto di InfoCamere sulle startup innovative in Italia relativo al quarto trimestre 2018, pubblicato dal Ministero dello Sviluppo Economico a gennaio 2019, la leadership femminile stenta ad affermarsi proprio nelle giovani imprese, ancora più che nelle aziende consolidate.
 

Infine, secondo il report "Women Matter" della società di consulenza McKinsey, le lavoratrici donne, nonostante rappresentino almeno la metà della forza lavoro mondiale, generano ancora appena il 37% del PIL - il che significa che, se si riuscisse a chiudere il gender gap entro il 2025, si potrebbero aggiungere 12 trilioni di dollari a quello stesso valore di PIL.


Una cifra consistente, non c'è che dire. 


Ma nonostante ancora oggi in Italia le aziende a conduzione femminile siano solo il 21%, ci sono tante (tantissime) esperienze da ascoltare, e tante storie di donne che possano servire come riferimento, donne che hanno vinto le proprie paure per dare vita ai loro sogni e raggiungere il proprio successo. 
 

Proprio per questo abbiamo deciso di raccontare alcune di queste storie, e abbiamo intervistato Daniela Galvani, fondatrice di [im]possible living e What a space, Eliana Salvi, fondatrice di Pinktrotters, che al momento gestisce la Industry del Lusso per Teads, e Francesca Corrado, Ideatrice e Presidete di Scuola del Fallimento e Play Res. 
 


1. Com'è nata l'idea per il vostro business? 

 

Daniela Galvani: "Avevo l'esigenza di trasformare in qualcosa di davvero innovativo tutto quello che avevo dentro, quello che avevo imparato e sperimentato nei miei anni di studio e lavoro. L'idea è nata dalla sinergia tra spazi fisici e digitale: come un nuovo strumento di massa come il web possa essere un potenziale per il riuso degli spazi sottoutilizzati."

 

Trovare l'idea "geniale" per il proprio business non è il prodotto di un lampo di genio, di un momento alla "Eureka", ma il culmine di un percorso di crescita personale e professionale, che si va a creare grazie al giusto mix di tutte le esperienze che si presentano sul cammino, positive o negative che siano. Ciò che creiamo è il risultato di ciò che abbiamo vissuto e provato nel corso della nostra vita, l'esito di ogni sfida o successo che si presenta davanti.

 

Infatti, anche Francesca Corrado dice: "L’idea nasce da una serie di fallimenti professionali (la liquidazione della mia società e il mancato rinnovo del mio contratto da docente universitaria) che reputavo tali nel momento in cui sono accaduti, e dal desiderio di mettere insieme passioni e competenze acquisite in campi di studio e di ricerca apparentemente distanti tra loro (micro e macro economia, sport, gioco, teatro, neuroscienza). 


Ho sempre insegnato, come docente universitaria e formatrice, ma ho sempre trovato qualcosa di sbagliato nel modo in cui tradizionalmente viene trasmessa la conoscenza e il sapere: in modo frontale, senza tenere conto del fatto che ciascuno apprende in modo diverso, penalizzando gli errori e i punti di vista diversi rispetto a quelli dei docenti".

 

2. Cosa fate per mantenere il giusto equilibrio tra vita privata e lavoro?

 

Work-life balance significa riuscire a bilanciare vita lavorativa e privata, in modo tale che tutto si incastri perfettamente. Ma com’è possibile farlo, dato che le ore della settimana lavorativa media si continuano ad allungare, al posto che accorciarsi?

 

Abbiamo la tendenza a pianificare sempre tutto, ad organizzare la nostra vita minuto per minuto, ma non sempre risulta facile dividere equamente il nostro tempo (specialmente se sei a capo della tua azienda), e a volte finiamo per sbilanciare certi aspetti della nostra vita.

 

Daniela Galvani: "Considerando che all'inizio "tu sei la tua startup", trovare l'equilibrio giusto non è facile. Essere imprenditori significa anche essere moderati e sapere come dosare gli equilibri della sfera privata con quella professionale. Un imprenditore che non cura il suo lato privato e non fa attenzione alle soft skill sue e degli altri, non è un bravo imprenditore". 

 

Prosegue Eliana Salvi: "La mia vita privata ha sempre un'importanza superiore a qualsiasi altra cosa per me. E il lavoro è la mia passione, dunque non comporta sacrificio e riesco a gestirlo organizzandomi bene, senza rinunciare ai miei hobby e anche a lavori extra, oltre quello principale in Teads. Lo sport poi mi permette di mantenere una mente salda e forte, e non potrei mai farne a meno."

 

3. Qual è il consiglio che avreste voluto ricevere all'inizio della vostra carriera?

 

Quante volte ci guardiamo indietro, e pensiamo a come avremmo potuto fare meglio le cose? Ma crogiolarsi nel passato è il modo migliore per non andare avanti guardando al futuro.


Eliana: "Il consiglio che avrei voluto ricevere è: tieni sempre a portata di mano un piano BE' giusto credere ciecamente nella propria idea di partenza, e portare avanti quella investendoci ogni energia, ma a volte è necessario essere realisti e avere sempre un piano alternativo, qualora le cose non dovessero andare come si è sperato.


E non c'è nulla di male se le cose vanno diversamente. Sarete comunque migliori di coloro che non ci hanno mai provato. Siate orgogliosi di ogni piccolo passo che fate. Gli altri potranno prendervi in giro per i vostri fallimenti, ma voi siatene orgogliose
"

 

Essere fieri dei propri traguardi, e trovare la forza di rialzarsi sempre, accettando il fatto di "non farcela", una costante anche nel consiglio che avrebbe voluto ricevere Francesca: "Lo sport mi ha insegnato a non gettare la spugna, a esaltare la bellezza dell’ostinazione e della resistenza. E questo concetto l’ho esteso ad altri campi: meglio rimanere aggrappata a un’idea, anche se sbagliata.


Ma ci sono situazioni nelle quali bisogna mollare la presa da subito, senza aspettarsi miracolosi cambiamenti. Avrei voluto che, nelle situazioni che poi si sono rivelati fonte di fallimento, qualcuno mi dicesse che rinunciare a qualcosa non avrebbe significato fallire e che il dichiarare la resa, abbandonare il campo non avrebbe significato che non avrei avuto niente o che non valevo niente
". 

 

4. Qual è la lezione che avete imparato lungo il vostro percorso?

 

Una domanda da un milione di dollari, e a cui Daniela risponde così: "La lezione che ho imparato nel mio percorso è che costruire la tua azienda è un continuo learning by doing. Che se capisci come poter affrontare le cose, puoi fare tutto. Che creare un team di "amici" con cui puoi condividere il tuo percorso è fondamentale. Che il confronto è fondamentale per non perdere il focus. Che assumere persone più brave di te e che ti possono insegnare qualcosa, è la chiave per crescere. Che, per essere un capo, l'umilità è il primo requisito fondamentale."


L'umilità di comprendere anche che non si può essere sempre il meglio, sempre perfetti. Permettersi di non essere sempre perfetti è il primo passo per vivere sereni. Come dice Francesca: "La lezione che ho imparato è che la perfezione non esiste, e che fatto è meglio che perfetto. Sembra una frase banale da dire, ma è ciò che ha davvero cambiato la mia vita.


Ho sempre cercato, in maniera quasi ostinata, di inseguire la perfezione e non raggiungerla mi donava sempre una sensazione di inadeguatezza. Il perfezionista rifiuta tutti i risultati negativi o sotto la media perché ha una stima di sé condizionata dalla performance. Il secondo posto per me era sempre e comunque una sconfitta e un 30 senza lode non meritava di essere festeggiato.



Ma con il tempo ho imparato che la perfezione spesso conduce all’immobilismo, e che comporta un alto spreco di energie, e fintanto che avrei continuato a inseguire quell’idea astratta di realizzazione, avrei vissuto lo sbagliare non come fonte di apprendimento, ma come radice di frustrazione. Con un primo evidente risultato: un calo della mia autostima.


Dobbiamo invece sempre ricordare a noi stesse che non siamo esseri perfetti, ma che abbiamo il diritto e il dovere di essere migliori di ieri. E lo saremo se sapremo cogliere il valore pedagogico dell’errore e la bellezza dell’imperfezione.
"

 

Capire come migliorarsi, come essere migliori di ieri, a volte è un percorso che non possiamo fare da soli. A volte ci serve un aiuto esterno. "L'asset più importante che possiate avere per portare avanti il vostro business - dice Eliana - sono le persone. Le giuste persone. Quelle che lavorano con passione e professionalità, quelle che ci credono quanto te e che ti stanno accanto nel bene e nel male.


Se avete quelle, avete tutto."


 

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Daniela Galvani

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Francesca Corrado

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