Sempre più dati a disposizione
Le aziende hanno oggi a disposizione dati in quantità, varietà e frequenza senza precedenti. Si parla di “Big Data”, “Data Science”, strumenti e approcci in grado di migliorare la qualità delle decisioni manageriali. Le nuove tecnologie consentono di avere accesso a nuove tipologie di dati (quali quelli provenienti dal web) e di analizzarli in modo da costruire modelli, relazioni tra di essi, per spiegare o prevedere determinati fenomeni.
Approcci "Data-Based"
Approcci “data-based” si propongono di migliorare la possibilità di dare un senso ai fenomeni di mercato, ad esempio ai comportamenti di scelta e acquisto da parte dei propri clienti, a volte in modo contro-intuitivo. Quando si tratta di strategia e innovazione, è importante tuttavia definire come questi approcci possono generare valore aggiunto.
Migliorare l'utilizzo dei dati
In un buon processo decisionale, oltre alla quantità e alla varietà dei dati, conta come si interpretano i dati: esiste il rischio di leggere i dati con modalità sub-ottimali, ad esempio con schemi interpretativi pre-esistenti. In presenza di dati più numerosi, questo rischio aumenta.
La disponibilità di più dati, ad esempio, aumenta la possibilità di elementi contraddittori e questo può spingere il manager ad adattare i dati alla propria interpretazione. Accade così che si scartino dati che sembrano incoerenti. Oppure che si cerchino, nel serbatoio dei dati disponibili, quelli che confermano le ipotesi più verosimili o che si hanno
già in mente. Potremmo paragonare i dati ai colori e alle tonalità disponibili al manager per poter disegnare scenari, contesti, per poi definire una direzione di sviluppo e innovazione. Il rischio è che il manager si avvicini ai colori sapendo già (implicitamente) quale scenario costruire e di eliminare quanto non considerato utile o interessante a priori. Ciò richiede al manager di avere grande chiarezza dei modi con cui normalmente interpreta i dati e delle ipotesi adottate. Il rischio altrimenti che la quantità di dati non incida sulla qualità delle decisioni assunte e che si comprometta il valore potenziale dei dati.
Il valore delle domande
È utile porsi alcune domande, ad esempio:
- Quali ipotesi o interpretazioni sto utilizzando nel leggere questi dati?
- Quali significati alternativi possono avere i dati disponibili?
- Quali dati possono smentire queste interpretazioni?
Queste domande aiutano il decision maker a chiarire il modo in cui si sta affrontando il problema, facendo emergere eventuali schemi consolidati, a volte anche indipendenti dai dati disponibili.
Aiutano inoltre ad essere più aperti, ad esempio includendo i dati “che non tornano”: i dati diventano così risorse preziose, capaci di generare punti di vista che arricchiscono la qualità decisionale e portare a nuove opportunità strategiche.
Apprendimento e potenziale decisionale
Le nuove tecnologie consentono anche di generare nuovi dati, sulla base degli obiettivi aziendali, attraverso sperimenti ad hoc. È possibile così apprendere rapidamente e utilizzare con efficacia la conoscenza che emerge. Per questi motivi, parallelamente all’adozione di “metodi” quali i Big Data è utile rafforzare l’attitudine alla sperimentazione e all’apprendimento. Questo è ancora più importante negli attuali contesti, incerti e imprevedibili. Un approccio data-based non sarà pertanto solo e necessariamente volto a ridurre l’incertezza di mercato, ma a orientarla a proprio vantaggio, attraverso decisioni più efficaci, sperimentali, creative.