Semiotica e marketing: il quadrato semiotico del nomade digitale

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Chi sono i sognatori, gli esteti e gli imbruttiti? Qual è il nesso tra semiotica e marketing? Ce lo spiega Federico Corradini, founder di XChannel! 

Fino a tempi relativamente recenti il marketing e le ricerche di mercato si sono basate su un’accezione letterale di consumo; si sono cioè focalizzate sulla natura oggettuale e concreta dei beni.

Il prodotto, in una prospettiva di questo tipo, si definisce essenzialmente per le sue caratteristiche tecniche e quantitative: il volume, il peso, la forma - e le qualità conseguenti di robustezza, durata, prestazioni tecniche e pratiche.

Sottolineare la natura testuale dei beni e analizzandoli in chiave semiotica se ne può invece mostrare la componente immateriale, spostando il focus dal prodotto al senso che il consumo dello stesso detiene.    

Questo modo di ragionare sembra peraltro fatto a pennello per il mondo dei social network e degli smartphone.

Guardare al consumo con un approccio testuale permette infatti di leggere come evidentemente impossibile la separazione tra momento della produzione e momento del consumo; al contrario, produzione e ricezione costituiscono una dialettica costante all’interno del quale il bene in sé, inteso come testo, agisce da catalizzatore.

Stiamo insomma ragionando ad anni luce dalla piramide di Maslow.  

Tanto il prodotto / il servizio quanto il suo target, nel marketing e nella comunicazione, hanno un modo classico di essere mappati in ambito tanto aziendale quanto accademico, vale a dire il positioning.

Il concetto di posizionamento è infatti riconosciuto universalmente come il punto di partenza di ogni strategia: permette di rappresentare i due termini opposti e complementari del marketing, cioè il prodotto e i suoi consumatori. Consente quindi da un lato di definire le caratteristiche proprie di una marca e di ciò che afferma la sua differenza nel mercato in cui si colloca. Permette dall’altro di visualizzare il target cui la marca si rivolge e le sue caratteristiche quali-quantitative.

La semiotica ha uno strumento efficace per rappresentare questa determinazione di posizioni: si tratta del quadrato semiotico.

Il quadrato semiotico è uno strumento di rappresentazione delle posizioni logiche che alcuni soggetti possono intrattenere tra loro; articola topologicamente queste posizioni per mezzo delle quali si può occupare un universo semantico dato.

Il quadrato semiotico è stato introdotto dal linguista e semiologo lituano Algirdas Julien Greimas; ma la cultura occidentale utilizza un modo di ragionare del tutto simile da quasi due millenni e mezzo, visto che l’invenzione di Greimas deriva dal quadrato delle opposizioni di Aristotele.


Cosa permette di fare esattamente questo quadrato?

Consente di rappresentare una categoria semantica (per esempio, l’etica) per mezzo della messa in atto di tre relazioni binarie: la presupposizione o contrarietà, la complementarità o implicazione e la negazione o contraddizione.

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Il quadrato semiotico si presta però ad analisi ben più prosaiche e commerciali.

Tale modo di pensare, anzi, non è nuovo al marketing e alla comunicazione.

Il precursore in questo senso è stato - tra gli anni 80 e 90 - il semiologo e pubblicitario francese Jean-Marie Floch che ha descritto il comportamento dei consumatori applicando il quadrato secondo uno schema legato ai valori; i consumatori ricadono necessariamente in una o più delle valorizzazioni comportamentali espresse dal quadrato: pratica, ludico-estetica, utopica o critica.

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Questa assiologia dei valori di consumo fornisce gli strumenti utili e concreti per arrivare al punto, vale a dire a un “quadrato semiotico del nomade digitale”.

Il nomade digitale è colui che viaggia per la/le città e il mondo alla ricerca del posto migliore da dove lavorare; un soggetto che si muove non solo nella realtà potremmo dire fisica, ma anche in quella simbolica di ricercatore di una location ideale per una vita manageriale produttiva.  


Proviamo allora ad affrontare il campo semantico del nomade digitale a partire dalla relazione di contrarietà/presupposizione tra funzionalità e benessere (due modi di vedere lo spazio lavorativo agli antipodi quanto d’immediata comprensione); da questa relazione si può derivare quella dei subcontrari servizio ed estetica (corrispondenti rispettivamente alla valorizzazione critica e ai valori ludico-estetici).

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Questo apparente groviglio di relazioni logiche non deve affatto spaventare; anzi, conduce in maniera infondo abbastanza semplice a identificare, nei panni del consumatore, quattro modi di attribuire valore alle soluzioni di smart working.

 

Ricorda anche, da vicino, un mapping di posizionamento.

 

Ma ci sono delle differenze fondamentali: la prima è che i mapping fanno ricorso a una sola relazione logica, quella di contrarietà, sdoppiata secondo le due assi delle ascisse e delle ordinate.


La seconda è che le mappature sono strumenti di per sé stessi statici, mentre il quadrato è uno strumento dinamico, che consente di “prevedere” le “posizioni future” in maniera analitica.


Alla stregua di quello che accade con le più comuni matrici di management strategico, possiamo andare oltre per arrivare a una visualizzazione ancora più chiara, identificando per gli utenti quattro quadranti.
 

Sono le aree dei pratici, dei sognatori, degli esteti e degli imbruttiti.

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Le aree quadrate sono ben identificate e circoscritte; allo stesso tempo, sottendono delle relazioni logiche con i propri “angoli” e con i vertici del nostro quadrato. Quindi, la condizioni sono perfette per arrivare a una conclusione e identificare delle posizioni precise e definite, nel quadrato semiotico del nomade digitale.


A ogni posizione si può assegnare un nome più o meno arbitrario e più o meno espressivo: serve per riferirsi a gruppi di persone ben distinte che tutti i giorni usano lo smart working a Milano - oppure in giro per l’Italia e il continente.

Sono utenti, questi, definibili sia come singoli che come entità aziendale (come, per esempio, nel caso della “Silicon Valley, a Milano”, che serve a riferirsi a quei grandi gruppi del tech internazionale che trovano casa all’interno di un contesto in sharing).

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E tu, a quale gruppo appartieni? 

Scrivi nei commenti a quale gruppo appartieni, e segnalaci la definizione che ti è piaciuta di più (o di meno). Se, invece, non ti senti rappresentato, contatta subito XChannel, e mandaci subito una mail per trovare il tuo posto nel quadrato semiotico del nomade digitale a info@xchannel-consulting.com.

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