Smart Working: cosa significa essere un’azienda “smart”

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Quali sono i vantaggi dello smart working per un'azienda? E per il lavoratore? Ci parla di questo (e molto altro) Angelo Lapenta, lo smart Co-Founder di Cohengi.

La normativa che ha introdotto nel nostro paese lo smart working ha compiuto di recente tre anni.


Risale, infatti, al 2017 l’approvazione della legge 22 maggio 2017 n. 81 che regola il lavoro agile in Italia.


La cornice normativa è tra le più evolute in Europa e vedremo insieme i suoi punti fondamentali.


Prima, facciamo una premessa e focalizziamoci sulla finalità strategica dell’introduzione del lavoro agile: incentivare la competitività delle aziende e garantire ai lavoratori un migliore equilibrio tra vita privata e lavoro.


Veniamo ora ai 4aspetti salienti della normativa, per capire meglio di cosa si parla quando si utilizza il termine “smart working” o “lavoro agile”:

  • quando si parla di smart working non si fa riferimento ad una tipologia di contratto di lavoro, quanto piuttosto ad una modalità di svolgimento del lavoro subordinato che può essere applicato alle diverse tipologie di contratto (quindi anche part time e contratti a termine);
  • dal punto di vista assicurativo, il lavoratore in smart working ha diritto alla tutela Inail (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), esattamente come se si recasse in ufficio;
  • lavorare in smart working lascia invariato il numero di ore di lavoro. I limiti di durata della giornata e della settimana lavorativa non cambiano;
  • lo smart working non prevede un diverso trattamento retributivo rispetto alla prestazione svolta nella sede lavorativa.

     

 

Smart working: a che punto siamo?

 


Oggi, si parla  molto di smart working, anche in conseguenza al lockdown imposto dal Covid-19; ma ricordiamoci che fino al  2019 lo smart working ha rappresentato un fenomeno di nicchia, sebbene ci fossero le condizioni favorevoli per una sua introduzione. 


Solo le multinazionali (consapevoli dei vantaggi del lavoro agile sperimentati all’estero nel corso degli anni) e le aziende caratterizzate da un DNA incline all’evoluzione e alla sperimentazione hanno abbracciato il lavoro agile. 


Per il resto, ha prevalso lo scetticismo verso una modalità di lavoro che premia la fiducia e l’orientamento al risultato.


Eppure, lo smart working si pone indubbiamente come una metodologia di organizzazione del lavoro che ne accresce efficacia e produttività attraverso una combinazione di flessibilità, autonomia e imprenditorialità fra collaboratori, resa possibile da tutte le più diffuse ed utilizzate tecnologie che stannodigitalizzando i tradizionali workplace e il mondo in cui viviamo. 


 

Perché smart working non è remote working 

 


L’emergenza Covid-19 ha stravolto le vite di tutti gli italiani imponendo comportamenti e condizionamenti che non hanno avuto precedenti. 



Anche molte organizzazioni hanno dovuto affrontare sfide completamente nuove e il lavoro in modalità remota ha rappresentato la più efficace soluzione di continuità operativa sistemica a seguito del lockdown.
Le aziende che avevano già adottato lo smart working in maniera efficace, hanno affrontato con prontezza e rapidità la situazione; non è stato altrettanto semplice per le altre organizzazioni. 

 

E le altre? Quelle che avevano guardato sempre un po’ di traverso questo modo di lavorare che premia la responsabilità e il raggiungimento degli obiettivi?
 

 

Molte aziende non erano preparate ad affrontare questo salto. Non solo sul profilo tecnologico, ma soprattutto dal punto di vista delle soluzioni organizzative che servono ad implementare un progetto di smart working e di rinnovata cultura aziendale: la differenza tra il remote working diffusamente praticato durante l’emergenza Covid-19 e lo smart working è infatti notevole.

 

La maggior parte delle persone che hanno lavorato da casa in questi mesi (quasi 2 milioni di italiani ndr) ha infatti praticato il remote working, non lo smart working, nonostante i media usassero diffusamente questa definizione.



Lavorare in modalità smart significa non tanto lavorare da dove si vuole o fuori dall’ufficio, bensì maturare una cultura basata sul risultato e sulla responsabilità.



Significa poter scegliere il contesto migliore per le attività che richiedono concentrazione rispetto a quelle che esigono collaborazione; significa pervadere l’organizzazione di quella sensibilità al feedback continuo, utilissima nei contesti digitali dove alcune sfumature comunicative potrebbero perdersi, e un riscontro più articolato ad un collega rappresenta un dono prezioso.



Ecco perché è opportuno differenziare le organizzazioni in cui si pratica lo smart working da quelle che applicano il remote working. 



In un’organizzazione smart, ad esempio, ci sono precisi interventi per evitare il senso di isolamento e di distacco dal gruppo di lavoro e c’è la corretta attenzione a mitigare i fenomeni di frustrazione e stress che il lavoro da remoto può comportare.



Per il middle management, un’organizzazione smart consiste nell’abbandono di ogni residua cultura del controllo a favore di un ruolo di supporto e facilitazione al raggiungimento dei risultati e alla maturazione di uno spirito di collaborazione tra tutti i membri dell’organizzazione.



Una simile trasformazione non si improvvisa e richiede una specifica progettualità organizzativa e una formazione culturale condotta da esperti.

 

 

I vantaggi dello smart working

 



Abbiamo fino ad ora visto la parte più burocratica dello smart working per illustrare il cambio radicale di mentalità propedeutico all’ingresso del lavoro agile in azienda e scorso in velocità gli adempimenti necessari.  

 

I vantaggi di un processo di trasformazione dell’organizzazione aziendale ben guidato sono, tuttavia, maggiori.

 


Per quanto riguarda i dipendenti, i principali benefici sono:

  • il significativo miglioramento nella conciliazione tra vita privata e professionale;
  • maggiori motivazioni in un contesto orientato al risultato e alla responsabilizzazione.

 

Per l’azienda:

  • riduzione dei costi;
  • incremento della produttività;
  • maggior efficacia nella capacità di attrarre e trattenere i talenti;
  • diffusione di una cultura orientata alla valutazione dei risultati e alla meritocrazia;
  • efficace e rapida continuità operativa nei casi di eventi che colpiscano le sedi produttive;
  • mitigazione dell’impatto sull’ambiente (a puro titolo di esempio un’azienda di 200 dipendenti che pratica un giorno alla settimana lo smart working, riduce le emissioni di CO2 di un quantitativo pari a quello assorbito da 3500 alberi)

 

Per non parlare dei benefici per la società con i positivi effetti sul traffico, giusto per citare un esempio.

 

Cos’è, dunque, lo smart working?

 

Personalmente, mi piace definirlo la più concreta trasformazione organizzativa per le aziende convinte che le persone siano il fulcro attorno al quale ruoti ogni importante progetto di cambiamento e di successo orientato al futuro.

 

Si tratta di una modalità di lavoro in cui il rapporto tra dipendente e azienda è del tipo adulto – adulto, perché rimuove i “paternalismi” aziendali fornendo ambiti di maggior autonomia organizzativa al dipendente nell’ambito delle proprie attività.

 

L’incapacità di certe organizzazioni nell’adattarsi efficacemente alla trasformazione in atto, le condanna alla confusione, allo sfilacciamento, alla riduzione del senso di appartenenza, ad una minor efficacia del middle management.

 

Cogliere la sfida e affrontare in maniera strutturale questa fase di cambiamento, le garantisce invece vantaggi competitivi preziosi.

 

A cura di Angelo Lapenta

Smart Co-Founder Cohengi

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