“Wise Guys”. Possiamo tradurre queste parole con “Bravi Ragazzi”.
Un nome che ispira fiducia, e fa sentire chi si avvicina a questa realtà già protetto e al sicuro, nelle mani di chi sa cosa sta facendo.
Startup Wise Guys, nata in Estonia nel 2012, è un acceleratore che opera in Europa ed è appena entrato nel mercato italiano seguendo il suo piano di espansione europeo.
Startup Wise Guys si colloca tra gli investitori più attivi a livello globale secondo Crunchbase, grazie ad un portfolio di oltre 200 startup e circa 70 investimenti realizzati nel solo 2020, nonostante la crisi Covid-19.
E il loro managing partner e amministratore delegato in Italia ha trovato nell’acceleratore baltico l’opportunità per rientrare in Italia dopo oltre 10 anni da “expat” nei Paesi Nordici. E la sua base l’ha trovata in Copernico.
Il suo nome è Andrea Orlando, e noi lo abbiamo intervistato, per capire meglio la situazione attuale delle startup e cosa aspettarci in futuro.
1. Ciao Andrea. In primis vorremmo chiederti qualcosa sul “modello di accelerazione” in Italia. Puoi dirci qualcosa a riguardo?
Il modello di accelerazione, da non confondere con modello di incubazione o di open innovation, è stato lanciato da Startup Wise Guys in Europa nel 2012.
Siamo felici di portare la nostra esperienza e il nostro network in Italia. Crediamo sia di grande valore quello che facciamo per i seguenti motivi.
- Ci focalizziamo sull’early stage. E’ il momento sicuramente più rischioso del percorso startup. Tuttavia: se ci si focalizza solo su stadi più avanzati e ci si preoccupa prevalentemente del rischio perderemmo delle occasioni di sviluppo di realtà imprenditoriali ad alto potenziale. Mitighiamo il rischio con un un programma di accelerazione robusto e consolidato in ormai quasi 10 anni di esperienza. Spendiamo 5 mesi con le startup “accelerando” il loro sviluppo e influendo definitivamente sulle dinamiche imprenditoriali.
- Siamo investitori. Infatti quello che diciamo spesso è che siamo un acceleratore con un fondo alle spalle. È raro per noi fare consulenza, incubazione e open innovation (che non sia finalizzata allo sviluppo delle startup del nostro portfolio). Poiché ci posizioniamo cosi chiaramente, volentieri accogliamo partnership con tutti gli operatori dell’ecosistema che vengono a valle o a monte della nostra “catena del valore”.
- Abbiamo a cuore i founder prima di tutto. Il nostro lavoro non esisterebbe se giovani (e meno giovani) imprenditori un giorno non decidessero di intraprendere la strada più tortuosa
2. Di cosa ha bisogno una startup ora? Dicci le tre parole chiave.
Network - e non solo basta avere un network, bisogna anche essere virtuosi nel utilizzare il proprio network e non ridursi a sfruttarlo prevalentemente nei momenti di difficoltà;
Stamina - fare l’imprenditore è il lavoro più difficile che ci sia, secondo me. Se non si ha la forza di andare oltre il primo ostacolo, tanto valeva fare altro.
Empatia - è la mia parola preferita da quando faccio questo lavoro. Se non ci si mette nei panni dell’altro (che l’altro sia un cliente o un finanziatore), si rischia di non comprendere appieno il proprio interlocutore, di sentirsi intrappolati e di comunicare al proprio team inevitabilmente questo senso di frustrazione.