Smart Working: indietro non si torna!

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L'indagine di Copernico e Progetto CMR

Stanchi del lavoro da remoto e bisognosi di tornare in uffici sicuri e flessibili dove praticare il vero smart working. È così che si presentano i lavoratori che hanno risposto alla survey “Uffici e luoghi di lavoro: tra lavoro da remoto, smart working e Covid-19” proposta da Copernico in collaborazione con Progetto CMR nel mese di novembre 2020, nell’ambito dell’iniziativa WorkCare – il progetto che supporta le aziende nel ripensamento dei luoghi e delle modalità di lavoro post Covid-19.

Socialità, flessibilità di orari e ambienti, tecnologia ma anche sicurezza e igiene: sono questi i bisogni che emergono dall’indagine che ha l’obiettivo di fornire una panoramica sulla percezione del mondo del lavoro di oggi, sulle esigenze dei lavoratori e sulla situazione reale nel nostro Paese, specialmente a seguito degli stravolgimenti dettati dalla pandemia.


Lavoro da remoto, bene ma non benissimo


Dalle risposte all’indagine emerge che le persone che durante il primo lockdown (marzo-maggio 2020) e nei mesi successivi hanno lavorato da remoto hanno sviluppato un forte bisogno di socialità: è stata infatti la mancanza di networking e di relazioni tra colleghi a pesare di più su chi ha lavorato da casa.

Nonostante ciò, molte persone hanno apprezzato i benefici del lavoro da remoto: il 77% degli intervistati è favorevole all’introduzione dello smart working per poter usufruire di maggiore flessibilità. Tuttavia, è ancora poco chiaro il significato a tutto tondo dello “smart working”, che viene interpretato nella maggior parte dei casi come “flessibilità di luogo e orari di lavoro” (65%), mentre solo una esigua minoranza lo interpreta come una modalità di lavoro che prevede una nuova mentalità che consente di lavorare per obiettivi.


Smart working: cos’è e perché piace?


Accanto alla fotografia della situazione attuale, il questionario di Copernico e Progetto CMR si è focalizzato su quale significato abbiano per i lavoratori le parole “smart working”. Il 65% del campione ha risposto “maggiore flessibilità del luogo e autonomia negli orari”, mentre per il 31% degli intervistati smart working significa lavorare dal luogo più comodo e congeniale. Pochi ritengono che che si tratti, oltre ad una modalità che permette di avere maggiore flessibilità e autonomia, soprattutto di una modalità di lavoro per obiettivi. Questo dato non deve stupire: per la maggior parte delle persone e delle imprese quella di quest’anno è stata la prima esperienza di lavoro da remoto e le aziende hanno ancora necessità di capire come poter traghettare la propria organizzazione verso forme di smart working più evolute e più efficienti.

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Ufficio e bisogno di sicurezza, c’è da lavorarci su


Tra le principali rilevazioni dell’indagine, vi è la preoccupazione dei lavoratori riguardo la sicurezza, e il desiderio che la propria azienda adotti misure più rigide in merito all’igiene sul posto di lavoro.

Soprattutto in questo momento di transizione e di grande incertezza i lavoratori sentono il bisogno di avere risposte da parte delle aziende. Tornando in ufficio, il 60% delle persone aveva timore che i colleghi non fossero attenti nel rispetto delle norme igienico-sanitarie e il 43,5% ha dichiarato di aver paura a prendere i mezzi pubblici. Una buona percentuale ha dimostrato preoccupazioni anche nei confronti dell’azienda, temendo che non tutto fosse sanificato (29%) o che gli spazi non fossero adeguati (14%). Tuttavia, dalla ricerca è emerso che la maggior parte delle aziende aveva adottato le misure e i protocolli richiesti dalle normative.


Fame di socialità e worklife balance: perché l’ufficio non sparirà, ma si evolverà


L’adozione delle norme di sicurezza si accompagna a una manifesta volontà e necessità delle persone di tornare nei propri uffici. Le maggiori difficoltà denunciate durante i mesi di remote working sono infatti di tipo sociale (53%), mentre il 42% degli intervistati ha dichiarato di avere difficoltà nel gestire gli spazi familiari, il 30,5% ha avuto problemi tecnici (connessione, accesso al server), il 26% logistici (spazi destinati al lavoro non adeguati) e il 18% organizzativi (ad es. mancanza di procedure).

Insomma, nonostante tutti, o quasi, vorrebbero flessibilità nella gestione dello spazio e degli orari di lavoro, la socialità e le dinamiche di un ufficio sono irrinunciabili. Le persone hanno voglia di tornare a vivere le relazioni lavorative e di collaborare tra di loro di persona, per l’87% degli intervistati è infatti la prima ragione per tornare nel proprio luogo di lavoro, seguita dalla necessità di operare in uno spazio adeguato dal punto di vista ergonomico e da quella di mettere una barriera tra casa e lavoro.

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Come sarà l’ufficio nel futuro? 


Dalla ricerca emerge inoltre che l’ambiente di lavoro non potrà più essere quello del passato. Infatti, le caratteristiche principali dell’ufficio ideale sono, secondo gli intervistati, che sia tecnologico (68%), ma anche attento al benessere e confortevole, funzionale e con spazi ibridi; accogliente, aperto, condiviso e in connessione con l’esterno, flessibile e sicuro.

Molti intervistati hanno espresso il desiderio di avere uffici flessibili nel senso di adattabili in base alla situazione e al compito da svolgere in un determinato momento della giornata.

Riguardo ai servizi, quelli più richiesti riguardano la pausa pranzo, come servizi di delivery o locker refrigerati e poi il parcheggio.

Emerge inoltre che molte persone (75%) vorrebbero avere a disposizione delle postazioni di coworking vicino a casa. Questo permetterebbe di alternare giornate in azienda e altre di lavoro da remoto, ma rimanendo in un contesto lavorativo e non domestico, con tutti i vantaggi che ciò comporta (tecnologici, sociali, servizi, logistici…). 

Ma è soprattutto la sicurezza la caratteristica più ricercata dai lavoratori. Tra le misure più citate ci sono lo screening periodico sulla popolazione aziendale (56%); la possibilità di arieggiare gli ambienti (45%); comunicazione chiara e puntuale da parte dell’azienda su protocolli e procedure e controlli sulla loro applicazione (40%). 


Il campione: dai Boomers alla Gen Z, tra dipendenti, manager, CEO di grandi e piccole imprese


La Survey è stata rivolta non solo alla community di Copernico, ma allargata anche a persone esterne che negli anni sono entrate in contatto con la società. Un campione variegato e significativo di circa 250 professionisti e imprese del mondo del design, dell’architettura, dell’innovazione. L’80% circa degli intervistati appartiene alla generazione dei Millennial (1980-1996), o alla Generazione X (1965-1979) e il 18% sono i cosiddetti Boomers (1945-1964), mentre la piccola percentuale restante appartiene alla Generazione Z (dal 1997 in avanti).

Il 44% degli intervistati svolge un lavoro da dipendente, mentre negli altri casi figure con ruoli manageriali direttore o manager, CEO, founder o presidente o, in casi, minori, consulenti esterni all’azienda.

Rispetto alla dimensione dell’azienda, il 49% degli intervistati lavora per una piccola o media impresa (almeno 10 dipendenti), il 25% per una grande azienda (almeno 250 dipendenti), mentre il 16% per una microimpresa.


Per concludere


Dalle risposte degli intervistati emerge una certezza: indietro non si torna. Il futuro sarà sempre più fatto di lavoratori desiderosi di autonomia, di alternanza tra lavoro da remoto e da ufficio, e per questo gli ambienti e l’organizzazione delle imprese dovranno essere pronti a offrire sempre maggiori servizi ed essere flessibili e adattabili alle esigenze.

 

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