La settimana lavorativa di 4 giorni ad una svolta

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Continuano le sperimentazioni della settimana corta ed i risultati giocano a suo favore

Le prime analisi sulla sperimentazione della settimana lavorativa strutturata su 4 giorni risale agli inizi del 2022 per mano dell'istituto di ricerca Autonomy e ideata dal Boston College, dalla University College Dublin e dalla Cambridge University. Lo studio mirava a scoprire se la forza lavoro potesse raggiungere lo stesso livello di produttività, lavorando l'80% del tempo e mantenendo lo stesso salario.

Al termine del periodo di prova sono state analizzate le risposte delle aziende. I risultati sono stati a favore della settimana corta: delle 27 aziende interpellate, 18 hanno dichiarato che continueranno sicuramente con la settimana da 4 giorni, 8 che prevedono di continuare, una che non è sicura e nessuna invece che è contraria al nuovo approccio.        

Significativo è stato che, in media, il giro d’affari delle aziende sia aumentato dell’8% e le dimissioni siano diminuite. Tema quest'ultimo non secondario considerato che il trend delle Grandi Dimissioni è imperversato l'anno scorso e non è ancora cessato. Solo in Italia, infatti, le dimissioni dal lavoro registrate nei primi nove mesi del 2022 sono state 1,66 milioni, superiori del 22% rispetto allo stesso periodo del 2021, come riporta una nota del Ministero del Lavoro.

La ragione principale per cui le persone hanno lasciato il posto di lavoro, secondo una ricerca dell’Osservatorio del Politecnico di Milano del maggio 2022, è stata nella maggior parte dei casi per ottenere salari migliori, ma ciò che colpisce è che il 24% lo ha fatto per ragioni extraeconomiche ossia per cercare un posto alternativo che offrisse maggiori benefici relativi alla saluta fisica e mentale ed il 18% per inseguire le proprie passioni e per una maggiore flessibilità. Una buona quota, quindi, sembra che non voglia rinunciare ai benefici dovuti al lavoro agile sperimentati durante il periodo pandemico.

A conferma di questo, una ricerca IWG ha riportato che il 72% dei lavoratori interpellati preferirebbe un contratto che offra flessibilità a lungo termine piuttosto che uno che offra maggiori guadagni, mentre due terzi cambierebbe lavoro solo se il nuovo impiego includesse la possibilità di lavorare in modo ibrido, da ufficio e da un altro luogo. Il lavoro agile, infatti, per il 67% degli intervistati permetterebbe il miglioramento dell’equilibrio tra lavoro e vita privata e per il 37% del benessere psicofisico, per cui per loro diventa imprescindibile.

Le implicazioni sono numerose non solo per i lavoratori, ma anche per le aziende. La crescente affermazione del lavoro ibrido, degli spazi di lavoro condiviso e degli uffici flessibili vanno nella direzione sia di supportare le aziende nella riduzione dei costisia di far guadagnare attrattività nei confronti dei talenti.

In questo scenario caratterizzato da dimissioni di massa e dalla difficoltà di reperire personale in vari settori, è stato avviato nel Regno Unito, da giugno a dicembre 2022, su 72 aziende con oltre 3.300 dipendenti, un nuovo progetto pilota della settimana da 4 giorni.

Anche in questo caso, i risultati sono stati favorevoli alla settimana corta. 9 aziende su 10 hanno dichiarato di essere propense a sperimentare ancora la settimana di quattro giorni. Inoltre, in 3 aziende su 10 la produttività è salita «leggermente» e nel 15% delle imprese «in modo significativo». Interessante è che 1 azienda su 2 sostiene che la produttività sia rimasta praticamente la stessa anche se i giorni lavorati sono diminuiti.

Le sperimentazioni sono iniziate anche in Italia e i primi casi virtuosi sono emersi non solo nel settore dei servizi, ma anche nell’industria.

Sembra così affermarsi la teoria secondo la quale la produttività individuale aumenta con il diminuire dell’orario di lavoro. Questa posizione in Europa è confermata dalle ultime statistiche dell’Ocse. Paesi del Sud Europa come Grecia, Italia e Spagna dove si lavora più ore hanno tra i tassi di produttività più bassi, mentre dove si lavora meno ore alla settimana, come Germania e Danimarca, presentano la produttività è più alta

Vedremo se si realizzerà quanto ipotizzato quasi cent’anni fa dall’economista Keynes secondo il quale raggiunto un certo livello di possibilità economiche "si potrà lavorare solo 15 ore a settimana" o se sarà lo sviluppo tecnologico che ci porterà a scenari di questo tipo o se invece rimarrà utopico.

Per approfondire le opportunità di spazi di lavoro flessibile che supportano il lavoro ibrido, contatta il team di Copernico!

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