L’impatto delle tecnologie nelle imprese

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Cosa fare adesso e perché. Intervista a Simone Materazzi, CIO Copernico

Non dovrebbe far notizia che il mondo delle imprese debba andare di pari passo con il mondo delle tecnologie, soprattutto oggi: stiamo sperimentando quanto l’innovazione e la trasformazione digitale possano avere un impatto positivo sulla vita dell’azienda e anche delle persone.

Le piattaforme infatti hanno, per esempio, abilitato la capacità di entrare e stare in relazione, hanno accompagnato l’evoluzione di modelli di business o agevolato la creazione di nuovi processi o lo sviluppo di nuove idee.

Questo percorso di trasformazione digitale può essere molto positivo per le aziende, se nasce da un’accurata analisi dei bisogni dell’azienda e delle persone.

Facciamo il punto con Simone Materazzi, CIO di Copernico ed esperto di piattaforme tecnologiche per l’abilitazione dello spazio di lavoro.

Come e perché è importante portare la tecnologia nelle aziende in questo momento?

 

Partiamo dal come: il miglior modo per portare la tecnologia nelle aziende è quello di iniziare ad adottare delle piattaforme Cloud, la cui implementazione e configurazione non richiede  sovrastrutture tecnologiche da dover acquistare: i servizi Cloud hanno infatti un forte fattore abilitante per quanto riguarda la tecnologia nell’attuale periodo che vede il flexible working e il remote working in genere al centro dello scenario attuale. Penso per esempio a Office 365 e Google for Work, per rendere più agile la condivisione strutturata delle informazioni e a piattaforme per il team work come Trello, Slack, Monday, Smartsheet, per la gestione agile dei progetti.

 

Per rendere efficienti le tecnologie, che ormai vengono pubblicizzate da tempo come tecnologie per abilitare il lavoro da remoto, serve però anche agire in maniera importante sulla componente di processo. Le aziende devono essere pronte ad affrontare questo step in maniera seria e quindi serve un cambiamento consapevole e strategico.

 

Acquistare la tecnologia non basta.

 

Perché la trasformazione digitale abbia successo, servono un paio di requisiti. Il primo in assoluto è un tema culturale, non soltanto di formazione all’uso delle piattaforme, ma c’è un tema di ‘’cambiare’’ l’azienda verso un nuovo modo di approcciare il mondo del lavoro e poter cogliere questa nuova opportunità offerta dalla digitalizzazione. Questo comporta l’appoggio da parte delle aziende verso consulenze mirate con esperti di trasformazione digitale con conoscenza di Agile Working. Una volta che si è capito il bisogno dell’azienda e quali sono i fattori abilitanti che più rappresentano un’accelerazione per il modello di business su cui andare ad agire, il secondo aspetto non meno primario è farsi carico della formazione delle persone, seguirle nelle fasi di “transformation” & “adoption”.

 

Questo significa che le aziende devono rivedere i loro modelli di management e il loro modo di intendere la tecnologia. Partire quindi da un’analisi dei bisogni e da una revisione dei processi aziendali interni per capire dove inserire innovazione tecnologica e come.

 

Le figure coinvolte in questa fase sono almeno tre: gli stakeholder aziendali, che devono essere convinti di questo tipo di cambiamento e che hanno la visione sulla strategia dell’azienda, un system integrator che sappia proporre la giusta tecnologia e, soprattutto, un “transformation enabler”, che sappia intervenire sull’organizzazione per vedere i processi attuali e verificare come la tecnologia e le integrazioni impattano sul modello.

 

Faccio un esempio: è piuttosto comune la remotizzazione delle applicazioni piuttosto che l’accesso in VPN alle risorse aziendali, questo è un processo piuttosto standardizzato, quello che ancora non è presente è però quello che gira intorno alla digitalizzazione delle informazioni ovvero come i file e le informazioni vengono organizzate e gestite all’interno delle aziende.

 

Purtroppo, l’archiviazione sul server potrebbe non essere più una soluzione adeguata. Quindi un mix di piattaforme digitali si rende necessario.

 

La domanda alla base è: come si intende organizzare i dati?  La risposta passa attraverso un’attenta analisi del processo di gestione del flusso informativo. Non si tratta di ‘’disegnare’’ un semplice workflow, il cambiamento sta nella capacità del ‘’transformation enabler’’ di prendere quel workflow e mettere a fattor comune tutti i vantaggi di un approccio culturale agile e tecnologico ma tenendo sempre al centro l’individuo.

 

Suggerisco quindi di non avere fretta nell’adottare le nuove tecnologie e di prestare attenzione quindi all’analisi dei processi e applicazione della human technology all’interno dell’azienda.

Quali sono gli ambiti aziendali in cui la tecnologia può essere più di aiuto e perché?

 

In questo momento in maniera più prepotente la digitalizzazione dell’azienda agisce in maniera primaria su tutto quello che è il mondo della visibilità online e sulle community digitali: il marketing, le vendite, l’e-commerce, i social B2B. Dove la fisicità viene meno, tanti argomenti e strumenti di vendita che un’azienda avrebbe usato diventano meno efficaci e quindi si rende necessaria e strategica una politica di digitalizzazione della comunicazione e dell’offerta adeguata.

 

I primi reparti ad essere digitalizzati quindi devono essere il marketing e le vendite. Chiaramente con un immediato coinvolgimento dei reparti produttivi e operativi che erogano prodotti e servizi.

 

Sembra una cosa scontata, ma è estremamente attuale se consideriamo che almeno l’80% delle aziende italiane non è dotata né di un e-commerce né di un sistema di ingaggio online della clientela (il famoso CRM). Sono molto poche le aziende che digitalizzano il rapporto con il cliente in maniera opportuna e proficua lungo tutto il suo ciclo di vita. Quindi, a mio avviso, quello che oggi serve prima di tutto è riuscire a portare gli interlocutori a ingaggiarsi a vicenda nelle piattaforme tecnologiche che più comunemente sono gli e-commerce i social B2B e portare a casa all’interno del CRM una serie di informazioni su cui il marketing può lavorare.

 

Può sembrare sovrastrutturato ma il mercato offre soluzioni che permettono un’implementazione semplice così da arrivare a un risultato efficace in tempi rapidi, con impatto a livello organizzativo piuttosto basico.

 

Chiaramente è un percorso più complicato per i processi, non è un lavoro per tutti da non fare in autoapprendimento, le grandi case di software si dedicano è vero maggiormente alle grandi corporation ma ci sono piccoli system integrator che offrono ottima consulenza anche a realtà di piccole dimensioni. 

 

Lavoro da remoto: in cosa la tecnologia può sostenere la produttività e in cosa no (dopo questi mesi di home working forzato)?

 

La tecnologia in questi tempi aiuta tutto quello che gira intorno alla comunicazione unificata, tutto quello che unisce voce, video e condivisione delle informazioni in un’unica applicazione (come fanno Zoom, Webex, GoToMeeting) e che, in un’unica sessione di comunicazione, rendono la fruibilità dei dati utili sul momento maggiormente efficiente ed efficace rispetto alla classica riunione.

 

Ma c’è di più.

 

La tecnologia diventa amica del lavoratore grazie a piattaforme come Microsoft Teams, perché ci permette di operare, ad esempio, in modalità di co-editing di documenti online accelerando così il lavoro: puoi condividere fin da subito le info e modificarle live, allo stesso tempo, alla fine della riunione, si possono già inviare appunti e conversazioni che aiutano a svolgere i compiti necessari per portare avanti i lavori. Il vantaggio maggiore nell’utilizzare queste piattaforme è quello di poter “cablare” all’interno della loro struttura, flussi di lavoro e sistemi di tracciabilità delle informazioni che permettono di risparmiare tempo prezioso quando si deve riprendere un thread complesso dopo qualche tempo. Segregando le informazioni ma legandole comunque fra loro usando dei contenitori logici (Team e Canali), tutto il processo di lavoro si snellisce e rende il lavoro orientato al risultato in maniera fluida e senza creare giri “viziosi’’ di email.

 

Questo aspetto estremamente abilitante, deve essere introdotto in azienda usando un processo di adozione della tecnologia adeguato fino al punto di rendere ogni operazione normale agli occhi degli utenti, poco importa che essi siano clienti o utenti interni. Non basta che l’azienda installi sul pc i programmi o che dia le chiavi di accesso alle piattaforme: sono le persone a dover fare la differenza, ad esempio, gli stessi organizzatori delle riunioni possono essere formati e fare da capofila del meeting maneggiando gli strumenti in modo efficace, così che anche gli altri prendano domestichezza e adottino le soluzioni.

 

Negli anni, i reparti IT hanno provveduto ad abilitare le remote workforce (come le vendite) sia con strumenti di remotizzazione sia pubblicando continuamente contenuti nelle applicazioni o nei siti, così da per renderli più fruibili tramite VPN sia dalla propria postazione. Sia che si sia a casa in remote working o dall’aeroporto bastano pochi passaggi e una connessione per preparare un’offerta o vedere lo stato delle vendite o accedere al gestionale per verificare lo stato di pagamento di una fattura.

 

Se si è ottenuto un grande risultato in termini positivi sulla collaborazione tra persone e nella creazione e gestione dei documenti, purtroppo, va tenuto in considerazione che l’approccio alla digitalizzazione delle informazioni nel nostro paese è stata sottovalutato molto perché spesso si tende nelle imprese a non toccare processi che si ritengono funzionanti in favore di un’evoluzione non certa ma necessaria. Oggi perché le cose cambino e si lavori meglio, indipendentemente da dove si è, bisogna accettare che digitalizzarsi è diventato un obbligo non una scelta.

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Cosa abbiamo imparato dall'integrazione della tecnologia con lo spazio e le dinamiche sociali del lavoro?

 

Sicuramente in questo periodo è emerso che una maggiore fluidità nella fruizione dello spazio favorisce dinamiche sociali che garantiscono opportunità aggiuntive alle persone. Mi spiego meglio facendo un ipotetico percorso all’interno di uno spazio fisico che parte dal momento della prenotazione, di una stanza, di un desk, di un prodotto: le piattaforme di booking e magari di pagamento online mi aiutano nella verifica della disponibilità, velocizzano la prenotazione e la relazione con chi vende e mi abilitano ad accedere allo spazio, ipotizziamo a un coworking. L’accesso a questo spazio che ho acquistato poi può essere automatizzato attraverso app con sistemi di controllo accessi più o meno intelligenti in base alla complessità che adotta il sistema. E questo può rassicurarmi in termini di sicurezza e di comfort.

 

Nella fruizione di uno spazio esterno all’abitazione la tecnologia aiuta perché la flessibilità che offre è molto alta.

 

Sempre nel mio percorso virtuale di consumo dello spazio, un’accoglienza con un bel digital signage che offre informazioni chiare e precise, può facilitare l'avvicinamento allo spazio fisico e la creazione di una relazione di familiarità, anche magari con totem o altri sistemi di way finding digitali.

 

Non dimentichiamo anche la componente legata al consumo di cibo o bevande: può bastare un’app, un sistema di pagamento digitale e una area food accogliente e dotata di vending machine di nuova generazione, più intelligenti, per acquistare prodotti in totale sicurezza e godere di una esperienza appagante ed efficace.

 

Oltre ad abilitare l’accesso agli spazi in maniera fluida, la tecnologia può aiutare magari le conversazioni attraverso sistemi di chat o di videoconferenza.

 

Quello che conta è sempre partire dal bisogno del cliente e, a mio avviso, pianificare un uso di tecnologia che non sia mai spropositato, non tutto si deve fare con un app sullo smartphone.

 

Avvicinarsi a un percorso di abilitazione tecnologica di uno spazio di lavoro o di uno spazio in generale per ospitare dei soggetti è anche esso oggetto di professionalità ed esperienza.

 

Per questo suggerisco di inserire solo la tecnologia che serve per abilitare il lavoro e il consumo dello spazio in modo ottimale, per rendere le dinamiche sociali più attive invece, è importante far leva sugli attuali social network professionali. Non c’è bisogno di creare nulla di nuovo, né costruire dei meccanismi di lobby che introducono complessità e una forte barriera di ingresso a chi decide di iscriversi a una community o iniziare a frequentare uno spazio di lavoro condiviso come Copernico.

 

Qual è il ruolo dell'ICT manager oggi all'interno dell'azienda? È cambiato col tempo?

 

L’ICT manager si è trasformato, è passato dall’essere meramente un tecnico altamente qualificato, uno specialista, ad avere un ruolo strategico nello sviluppo dell’azienda. Questo perché l’adozione della tecnologia è un tema di processo e il processo governa la tecnologia dall’inizio: non serve solo la capacità di implementare la tecnologia, ma bisogna anche avere la capacità di comunicarla o di adattarla all’azienda e questa non è sempre stata una competenza dell’ICT manager. Ora è fondamentale: l’ICT manager deve passare da un mondo all’altro, dall’HR al Marketing, alla gestione dello spazio stesso per arrivare poi a quello che è sempre stato il suo pezzo forte che è l’infrastruttura e il governo degli strumenti gestionali, l’ERP, tutte le piattaforme tecnologiche. Oggi si deve essere più preparati ed orientati ai dati. Le informazioni elaborate dall’IT ad oggi sono la fonte principale di ispirazione per chi decide la strategia: insieme a marketing e al controllo di gestione l’ICT manager è colui che dà i nuovi KPI che guidano l’azienda.

 

Per questo, l’ICT manager deve cambiare pelle e dotarsi soft skill molto specializzate e rendersi più smart rispetto al passato, deve avere una certa componente di visione e dare risposte precise, semplici e confacenti al momento.

 

Possiamo dire quindi che la transizione di stato dell’ICT manager da tecnico a vero e proprio Innovation Manager oggi rende strategico e meno verticale il suo apporto in azienda rispetto alle soluzioni tecniche da implementare.

Quali sono i servizi di cui un'azienda non può fare a meno in questo momento se vuole mantenersi competitiva?

 

Ad oggi un’azienda non può fare a meno di rendere i propri dipendenti autonomi nell’accesso e fruizione dei servizi aziendali tramite l’uso della tecnologia guidati comunque da una strategia organizzativa ben chiara. Rendere accessibili dati e piattaforme favorisce una posizione di vantaggio nei confronti dell’azienda e del mercato. Perché questo sia possibile, una strada piuttosto semplice da percorrere è quella di mettere a disposizione spazi di lavoro che utilizzino connettività di alta qualità e che abbiano una serie di meccanismi di sicurezza e salvaguardia tramite l’accesso a internet. Un’azienda oggi non può prescindere dall’aver attenzione ai data breach.

 

La sicurezza, quindi, fa la differenza e dovrebbe essere un paramento imprescindibile: la rete che consente l’accesso ai dati deve essere posta in sicurezza.

 

Affinché si possa definire una strategia di sicurezza informatica efficace è necessario, ancora una volta, tornare sul ruolo fondante dell’individuo.

 

Ebbene sì, essere in grado di sventare un attacco informatico rappresenta il 50% della soluzione. L’altro 50% è sapere chi è stato a generare il problema e chi lo ha subito.

 

La prima priorità delle aziende che condividono dati e spazi è essere in grado di identificare il maggior numero di soggetti che interagiscono con le loro informazioni strategiche e riservate. Di conseguenza, ritengo che un sistema di gestione delle identità digitali rappresenta il 50% del successo di qualsiasi attività di business.

 

Quindi oggi fra le priorità di innovazione per un’azienda incontriamo al primo posto il cosiddetto “remote workplace enablement” ovvero la dotazione di strumenti tecnologici e di processi adeguati affinchè il lavoro da remoto sia efficace e gratificante.

 

Al secondo posto come servizi di cui non poter fare a meno ci sono le piattaforme, i digital workplace tools, che ti permettono di gestire in maniera opportuna i dati (Google for Work, Microsoft 365, per esempio) che accelerano la digitalizzazione dell'azienda.

 

Quindi, è oggi mandatorio dotare le persone di cultura legata alla sicurezza e alla gestione e protezione dei dati e di strumenti che ne controllano la veridicità.

 

Andando leggermente più avanti, quello che dà valore a maggior ragione alle soluzioni è recarsi in luoghi che abbiano una connessione di qualità business come livello di servizio.

 

L’incremento smodato nell’utilizzo di Internet dovuto all’adozione di piattaforme di comunicazione digitale come i centralini VOIP o le video comunicazioni con Teams e Zoom etc, ha sovraccaricato Internet. Solo chi era dotato di connettività pensate per il mondo business e infrastrutture di rete all’avanguardia è stato in grado di affrontare questo momento.

 

Rispetto al luogo di lavoro più fisico, ci sono poi altri servizi tecnologici che non possono essere tralasciati, come ad esempio la stampa sicura di documenti con piattaforme di classe enterprise, che ad esempio, garantiscono quell’ultimo pezzo di supporto per la parte di transazione contrattuale che prevede la firma su carta.

 

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simone materazzi copernico

 

Simone Materazzi inizia la sua carriera a fine anni '90 nell'IT come Tecnico informatico in Toscana, e passa successivamente in ENEL.

Nel 2002 fonda la sua prima azienda di ICT, un System Integrator che opera nel segmento delle SMB con lo scopo di far crescere accompagnare le piccole aziende in percorsi di crescita tecnologica.

Nel 2006 si affaccia al mondo dei servizi gestiti iniziando a creare servizi Hosted basati su tecnologia Microsoft in collaborazione con Aruba, presso i datacenter di quest'ultima.

Nel 2010 avvia la collaborazione con nuove aziende, tra cui Copernico, che accompagna nel percorso di sviluppo tecnologico e di adozione di avanzate dotazioni tecnologiche in termini di servizi e infrastrutture.

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