Quando l'arte è professione e disciplina

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Profilo di un artista, Gianni Moretti

Gianni Moretti, un artista a tutto tondo

Artista, si sa, è una parola tanto poliedrica quanto controversa. Tanti, troppi, si definiscono tali senza in realtà averne la virtù, il fuoco, l’illuminazione. Pochi quelli che invece veramente artisti lo sono e ancora meno quelli che si riconoscono come tali.

Uno di loro è Gianni Moretti, 37 anni, sguardo curioso, artista visivo. Anche se a lui piace definirsi “ricercatore”. A sostegno della nostra tesi sopra esposta. CVD. Uno come lui invece è proprio artista a tutto tondo, da quando si alza al mattino (non alle 6 come vorrebbe e “come faceva Moravia, ma i risultati sono stati scarsissimi”) sino a quando abbandona il suo studio a notte ormai fonda.
“Cerco di darmi una certa disciplina nello strutturare la mia giornata - ci racconta - un po’ pensando a quello che faceva Frank Stella: il suo studio era accanto ad una fabbrica, iniziava a dipingere con la sirena della mattina e poggiava il pennello con quella della sera”. Una parola su tutte cattura la nostra attenzione: disciplina, parola che ripeterà più volte nel corso del nostro incontro. Ci appare chiaro che Gianni Moretti non solo è un’artista, ma è un grande lavoratore. Perché se è vero che il suo lavoro nasce da una passione, è altrettanto vero che nulla ha a che vedere con un hobby.Lui stesso traccia un profilo preciso di questa dimensione del suo vivere l’arte e del suo essere allo stesso tempo artista, lavoratore, creatore, condizioni in apparenza paradossali fra loro, eppure irrinunciabili le une alle altre. Dalle sue parole affiorano immediatamente tutte le virtù proprie di una personalità che ha un dono, che ha quella luce, che ha quella passione. “L’arte non è un qualcosa che puoi prendere e lasciare a piacimento - ci dice. L’arte è piuttosto un’ossessione, che come tutte le ossessioni non può essere cancellata, spenta o accesa con un interruttore, è una forma non addomesticabile, una condizione che non può esimersi da una costante messa in discussione”. È così che l’arte entra nella dimensione del lavoro e l’artista veste i panni del lavoratore, un professionista speciale, “che dà forma al suo modo di stare nel mondo, disegnando questa posizione attraverso la costruzione di un linguaggio, di una grammatica e, per mezzo di essi, di una forma”. Ed è proprio alla luce di questa nuova misura e consapevolezza che si delinea il suo percorso di crescita, da artista a professionista.

Ci racconta che non c’è stato un momento preciso in cui ha deciso che l’arte sarebbe diventata la sua professione, anzi, alle incalzanti domande che riceveva sul suo futuro rispondeva deciso e risoluto: “non so di preciso cosa farò dopo, di certo non sarò un artista visivo”. Sempre a sostegno della tesi esposta in principio. CVD. Da lì poi si è trattato per lui solo di acquisire maggiore consapevolezza e sicurezza in sé: quello che faceva, la sua arte, aveva un senso e soprattutto poteva stare in piedi. Il confronto anche per lui è stato sinonimo di evoluzione, alla luce della consapevolezza che nulla è dovuto, nulla è definitivo, nulla è invulnerabile. “Ogni giorno mi si ripropone la domanda sul senso di ciò che faccio e non escludo che un giorno a questa domanda non saprò più dare una risposta, o, al contrario, darne una sola e definitiva”.

È a questo punto che commettiamo il fatidico errore: gli chiediamo dove trovi l’ispirazione giusta per lavorare a un nuovo progetto. “Un grande artista diceva che l’ispirazione è per i pittori della domenica, la disciplina è per gli artisti”. Eccolo lì, il contropiede di un fuoriclasse. Che non ama definirsi artista, ma che in fondo sa perfettamente di esserlo. Ed ecco lì anche lei, ancora una volta protagonista inattesa: la disciplina. Per Moretti è lo strumento attraverso cui filtrare ciò che cattura la sua attenzione, ciò che ha deciso di scegliere e proteggere e mettere da parte, e che al momento giusto struttura in una forma autonoma. Attraverso un percorso di studio, approfondimento, pratica. Attraverso la disciplina.
 

Creatività è un concetto difficile da definire

Artista, lavoratore, ma anche creatore. Creativo. Soprattutto nel suo letto tra le 8 e le 9 del mattino, nel suo studio tra le 8 e le 9 di sera, nel resto del mondo nelle pause intermedie. Creatività che ha imparato a stimolare grazie alla scoperta di un altro talento: l’insegnamento. “Da alcuni mesi tengo un corso di disegno alla LABA, Libera Accademia di Belle Arti di Brescia. Il confronto con gli studenti, oltre a essere incredibilmente stimolante e arricchente, è un boomerang. È uno specchio, un gioco di proiezioni e rimbalzi che mi fa misurare ogni volta con me stesso, i miei limiti, le mie paure e allo stesso tempo apre possibilità di comprensione e approfondimento, facendomi scoprire inaspettate sacche di energia”.

Ma attenzione a parlargli di creatività e produttività come di due metà della stessa mela: creatività è infatti per lui (che creativo lo è davvero) un concetto difficile da definire, un “termine che non sono mai riuscito a usare perché non ho mai ben capito cosa significhi”, e pertanto ritiene che la produttività stia piuttosto nella consapevolezza di sé e della propria posizione, di certo non nella creatività (questa sconosciuta). E poco dopo torna a ribadire la sua estraneità a questo termine, quando gli chiediamo se, secondo lui, un approccio creativo ai problemi possa fare la differenza anche sul lavoro, e lui ci risponde che sì, può fare la differenza, anche se “credo che sostituirei al termine “creativo” il termine “consapevole” o “curioso”. Niente da fare, impossibile smuoverlo su questo fronte. Tuttavia, va avanti nel suo discorso, dal quale emerge in maniera ancora più nitida lo spostamento che attua, ponendo l’arte sul piano di un qualsiasi lavoro, poichè si tratta in fondo “per l’arte come per qualsiasi altro lavoro, di risolvere i problemi, di far sì che ciò che si fa aderisca alla realtà e non all’idea che si ha di essa”.

È arrivato il momento dei saluti. Ma non resistiamo a un’ultima domanda, finalmente un po’ frivola: gli chiediamo quale sia l’accessorio a cui non potrebbe mai rinunciare nel suo look. E anche qui ci congeda con la sua solita, affabile originalità: “una borsa, non importa se zaino o tracolla, purché sia fatta da me con scarti di vecchie pelli o tessuti appartenuti a me o a qualche persona importante della mia vita”. Parola di un artista che è soprattutto un lavoratore e un creatore. Ma occhio a dargli del creativo.

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