Il circolo virtuoso del welfare aziendale

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Update il 08.05.2020

Le statistiche parlano chiaro: se i lavoratori sono più felici, lavorano meglio.

E l’impresa, anche quella di piccole dimensioni, ne guadagna in reputation e produttività. Ecco l'articolo a cura di Eliana Tosoni di Landoor.

All’inizio furono i colossi informatici della Silicon Valley.


Chi di noi non ricorda le immagini di geniali giovanotti in T-shirt e jeans che giocano a ping-pong, e che entrano ed escono dall’ufficio in grande libertà e autonomia, in sintonia con i loro “ritmi creativi”?


Sembrava fantascienza hollywoodiana, eppure a Wall Street le performance volavano in alto a due cifre.


A passo più lento, ma inarrestabile, la concezione di un’azienda più a misura d’uomo e sostenibile rispetto ai tempi di vita delle persone si è fatta strada anche in Italia.


E adesso siamo consapevoli del fatto che, sebbene la connessione tra performance sul mercato e partite di ping-pong possa non essere così automatica, di certo il benessere delle persone e l’attenzione autentica ai loro bisogni creano un circolo virtuoso che estende i suoi benefici a tutti i livelli, come il propagarsi dei cerchi nell’acqua.


Il vantaggio è di tutti: dei lavoratori, innanzitutto, del territorio e dell’impresa.


La quale ha “scoperto” come collaboratori meno stressati, più soddisfatti e più coinvolti siano anche più creativi e produttivi: ne è convinto oltre un terzo delle imprese intervistate per il Welfare Index PMI – Rapporto 2017, promosso da Generali Italia con la partecipazione delle maggiori confederazioni italiane (Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni).


L’indagine ha riguardato un campione di 3.422 PMI (+60% rispetto al 2016), rappresentative di tutti i settori produttivi. Delle dodici aree del welfare aziendale, quelle in cui le imprese stanno investendo maggiormente sono la sanità integrativa, la conciliazione vita-lavoro e il sostegno alla maternità, le iniziative aperte al territorio.

 


E quali sono i risultati?

 

Il Welfare Index PMI rileva che il 9,5% del campione riconosce un netto miglioramento nella soddisfazione dei lavoratori e nel clima aziendale; il 9,4% nella fidelizzazione e il 4,1% anche nella riduzione dell’assenteismo. Il 3% delle aziende ha registrato un aumento della produttività.


Ma è tra le aziende più attive nelle politiche di welfare che i risultati sono davvero sorprendenti: una forte maggioranza registra risultati positivi nella soddisfazione dei lavoratori e nel clima aziendale (71% delle imprese), nella fidelizzazione dei lavoratori (69%), nell’immagine dell’azienda (69%) e nella produttività del lavoro (56%). Si colloca in una percentuale oscillante tra il 25 e il 30% la quota di imprese che hanno ricevuto segnali incoraggianti e che si aspettano risultati significativi nel lungo termine.


È anche diffusa la consapevolezza, quindi, che si tratta di una scelta “paziente”, che richiede tempo per dare i suoi frutti, ma dalla quale non si può prescindere.


Dopo che grandi imprese come Luxottica, Ferrero, Nestlé hanno fatto da caposcuola nel nostro Paese, ora le buone pratiche aziendali sono sostenute anche dalle piccole e medie imprese.


Una notizia oltremodo incoraggiante.

 


E le micro?
 



Qui il discorso si complica per una serie di ragioni, prima fra tutte la difficoltà per un’azienda di queste dimensioni a reperire le risorse volte a organizzare e strutturare adeguatamente una politica di welfare, cui si aggiunge il rapporto molto diretto tra titolare e dipendenti, che probabilmente induce a ritenere superflua una politica di welfare globale e di ampio respiro.



In realtà, molto si può fare anche in dimensioni micro.



Landoor, primaria Language Service Provider con sede a Milano in Copernico Centrale, ne è un esempio, e per questo, alla luce di un’esperienza decennale, si fa promotrice nel territorio di un modello aziendale virtuoso ed evoluto, basato su un programma di benessere aziendale rivolto alla generalità dei dipendenti.



Le cifre relative alla crescita aziendale dal 2007 al 2017 parlano chiaro: incremento del fatturato a una media del 17% annuo, aumento della marginalità tipica dell’1% annuo, 4 assunzioni a tempo indeterminato in media all’anno (90% donne, 70% Millennial), retention del 95%.



Una politica di welfare non episodica, anche in un’azienda di piccole dimensioni, è pertanto non solo auspicabile ma possibile, se sostenuta dalla profonda consapevolezza del ruolo sociale dell’impresa, mai come in passato all’incrocio tra realtà produttiva finalizzata al profitto e centro propulsore di un sistema inedito di relazioni tra le persone.



Un modello di comunità che nasce nei luoghi in cui le persone condividono ogni giorno idee, obiettivi e passioni e che può dare avvio a un movimento autenticamente trasformativo per l’intera società.

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